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Prosegue il caso Ruby, non solo in tribunale. Karima El Mahroug, la giovane marocchina coinvolta nel processo sui festini hard nella residenza di Arcore di Silvio Berlusconi, nella giornata di oggi ha protestato contro magistrati e stampa davanti al Palazzo di Giustizia a Milano.

“Subisco dai giudici violenza psicologica, una vera e propria tortura, una pressione insostenibile – dichiara – . Per colpire Berlusconi, invece, la stampa ha fatto male a me. Oggi ho capito che è in corso una guerra contro Berlusconi e io ne sono rimasta coinvolta, ma non voglio che la mia vita venga distrutta”.

“Non sono una prostituta. Non ho mai avuto rapporti sessuali a pagamento e non li ho mai avuti con Silvio Berlusconi – ha spiegato in un comunicato stampa mostrato ai giornalisti -. Nessuno ha voluto ascoltare la mia verità, l’unica possibile. Voglio essere ascoltata dai magistrati per dire la verità, sono la parte lesa in questa vicenda”.

“Non capisco la ragione per cui non sono stata sentita e intendo dirlo pubblicamente. Oggi dopo aver sopportato tante cattiverie sono qui a chiedere di essere ascoltata“, prosegue, anche se è bene ricordare che era già stata convocata per il processo in cui Silvio Berlusconi è imputato per concussione e prostituzione ma non si era presentata perché era in Messico in vacanza. Il tribunale, in seguito, non  ha ritenuto opportuno richiamarla.

“Sono stata vittima di uno stile investigativo e di un metodo fatto di domande incessanti sulla mia intimità, le propensioni sessuali, le frequentazioni amorose, senza mai tenere conto del pudore e del disagio che tutto ciò provoca in una ragazza di 17 anni – si legge  nel testo -. La violenza che mi ha segnata di più è stata quella di essere vittima di uno stile investigativo fatto di promesse mai mantenute di aiutarmi a trovare una famiglia e di proseguire gli studi”.

“Ho ceduto alla pressione incessante dei magistrati: era più facile dire sì e raccontare storie inverosimili, piuttosto che farmi angosciare o peggio far accettare la verità che avrei voluto raccontare“, continua, definendo poi quella nei confronti di Berlusconi “una guerra che non mi appartiene, ma che mi coinvolge e mi ferisce”.

“Per questo voglio essere sentita dai giudici di Milano, per raccontare la verità e impedire a chiunque di offendermi ancora per qualcosa che non ho fatto. Non c’è la prova che mi prostituissi, l’atteggiamento degli investigatori fu amichevole poi cambiò quando capirono che non avrei accusato Silvio Berlusconi. Ho subito un ennesimo episodio di intolleranza quando la domenica di Pasqua una persona guardando mia figlia ha detto ‘spero che non diventi come sua madre’“, conclude prima di andarsene senza rispondere alle domande incalzanti dei giornalisti.

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