Spread the love

I medici del Pronto soccorso dell’ospedale San Giovanni Calibita Fatebenefratelli, hanno diagnosticato ad una donna, a poche settimane di gravidanza che il bambino che attendeva era morto, e che avrebbe dovuto ricorrere ad un aborto terapeutico.

Il feto, secondo i medici era morto, perché il cuoricino non batteva e l’ecografia era piatta. Ed invece il suo bambino è nato e sta bene, nello stesso ospedale, grazie alla testardaggine della madre.

Oggi ha tre mesi e mezzo e deve ringraziare la sua giovane madre che quel giorno non si è voluta fidare della diagnosi ricevuta al pronto soccorso. Oggi però chiede giustizia e, poiché il reato di tentato omicidio colposo non può essere contestato, vuole chiedere il risarcimento dei danni morali.

La giovane donna si chiama Maria S., abita all’Eur ed ha anche una bambina di due anni. Il 4 aprile del 2013 si era presentata al pronto soccorso di ginecologia dell’ospedale sull’Isola Tiberina perché presentava delle perdite ematiche.

Arrivata lì una dottoressa le aveva detto “ha avuto un aborto interno, non c’è traccia del battito in ecografia”. E poi “anche se alle prime settimane di gravidanza, alla quinta bisognerà procedere col raschiamento. Consigliamo il ricovero. Se vuole lo disponiamo subito“.

Ma Maria S., non ci sta e va via. Non se la sente di assumere un farmaco per l’espulsione. La donna allora si reca dal suo medico di base, specializzato in ginecologia che le dice che quella diagnosi del Fatebenefratelli, è frettoloso. Sollevata da tale notizia, la giovane mamma si mette a fare ricerche in rete e scopre che non sempre il battito degli embrioni è individuabile alla quinta settimana.

Qualche giorno dopo, Maria S. fa una nuova ecografia ed emerge che l’embrione è vivo e cresce bene. La diagnosi elaborata dall’ospedale era dunque sbagliata.

La donna, dopo il parto racconta “Il mio bambino è nato il 2 dicembre del 2013, pesava tre chili e mezzo. Ho avuto una gravidanza e un parto naturale sereno. E ogni volta che mi soffermo a guardare il mio piccolo mi rendo conto del pericolo scampato. Se non avessi seguito il mio istinto sarei stata io stessa la carnefice di mio figlio”.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.