Spread the love


Massimo Bossetti continua a dichiararsi innocente, ma i punti da chiarire che non convincono giudici ed inquirenti, sono ancora tanti. L’uomo, di recente ha chiesto di essere interrogato dal pm, e nelle quasi tre ore di colloquio avrebbe spiegato come secondo lui, il suo dna sarebbe finito sul corpo della ragazzina di Brembate.

Il muratore di Mapello, non avrebbe messo in dubbio che il sangue è suo, ma che gli attrezzi, gli sarebbero stati trafugati da qualcuno. E siccome lui perde sangue dal naso, gli arnesi da lavoro sarebbero stati facilmente “contaminati” col suo dna.

E per trovare il colpevole, occorre, secondo Bossetti, cercare chi gli ha rubato gli attrezzi nel cantiere di Palazzago dove lavorava ai tempi della scomparsa di Yara, il 26 novembre 2010. Poi il colpo di scena: nel corso delle dichiarazioni spontanee, l’uomo avrebbe fatto anche due nomi. Quelli di due persone che lavoravano con lui nello stesso cantiere.

Non si tratta di persone su cui Bossetti vuole scaricare colpe o indicare come responsabili del crimine, scagionando se stesso, ma di persone che “potrebbero sapere qualcosa” su come sono andati i fatti, ovvero fornire elementi utili ad aiutare le indagini, avrebbe detto agli inquirenti.

Ma una certa smentita arriva anche alla sua dichiarazione fatta precedentemente quando sia lui e la moglie dichiaravano che non era un frequentatore del solarium vicino casa di Yara. Tant’è che essendoci una dichiarazione da parte della proprietaria del solarium secondo cui Bossetti andava una volta a settimana – l’uomo ha aggiunto: “Sulle lampade che andavo a fare posso aver detto delle inesattezze perché non mi sembrava una cosa rilevante”.

Infine, ci sarebbe una telecamera di sorveglianza che lo incastrerebbe. Secondo quanto rivela il sito “All news” Tgcom24, carabinieri e polizia in queste ore stanno esaminando le immagini rilevate, anni fa e passate al setaccio, frame dopo frame, con la differenza che ora non si cerca qualcosa o qualcuno a caso ma il sospettato principale, ovvero Massimo Giuseppe Bossetti, in tali registrazioni. E si cercano i suoi veicoli, la Volvo e il furgone che si stanno ancora analizzando, per trovare tracce ed indizi.

Ebbene, sempre secondo Tgcom24, sarebbe stato individuato nelle registrazioni “un elemento forte”. Si tratterebbe più che di un indizio. Gli elementi dedotti dalle celle telefoniche, purtroppo non permetterebbero l’esatta localizzazione del telefonino e del suo proprietario, ma sarebbero confortati in maniera inequivocabile da una telecamera che riprenderebbe il mezzo su cui viaggiava Bossetti, fino al punto ad aggravarne la posizione, collocandolo in luoghi in cui il presunto omicida nega di essere stato.

Un passaggio insistente nei pressi dei luoghi frequentati dalla Gambirasio. Una stazione di servizio, avrebbe immortalato il furgone del sospettato a pochi metri proprio dalla palestra in cui si trovava Yara nel pomeriggio del 26 novembre 2010, giorno in cui scomparve e fu uccisa.

Il mezzo, secondo quanto riportato da ‘Libero’ sarebbe stato identificato senza margini d’errore grazie a un particolare catarifrangente montato dallo stesso Bossetti, differente da quelli di serie.

E non solo. Il presunto assassino si sarebbe giustificato dicendo “posso essere passato da quella strada per tornare a casa dal lavoro“. Peccato però che la stessa telecamera riprenda il furgone in transito anche un quarto d’ora dopo, accreditando ulteriormente ipotesi che l’uomo girasse con fare sospetto attorno alla palestra come in attesa della ragazza.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.