Spread the love

licenziamenti a tempo indeterminato
Sono tutti finti gli effetti del Jobs Act: e la prova arriva dai dati pubblicati dall’Osservatorio sul precariato relativi ai primi otto mesi dell’anno.

Il rallentamento ha riguardato principalmente i contratti a tempo indeterminato: -395.000, pari a -32,9% e per quelli a tempo determinato, si registrano invece appena 2.385.000 assunzioni, in aumento sia sul 2015 (+2,5%), che sul 2014 (+5,5%).

Risultato non poteva certamente essere dei peggiori. Ma d’altronde con l’abolizione dell’art. 18 cosa si pretendeva e aspirava?

Le aziende cercano di ottenere quanto più possono da sgravi ed incentivi dallo stato e poi licenziano il dipendente, o addirittura gli fanno contratti di apprendistato per sottopagarlo.

“Come già segnalato nell’ambito dei precedenti aggiornamenti dell’Osservatorio, il calo va considerato in relazione al forte incremento delle assunzioni a tempo indeterminato registrato nel 2015, anno in cui tali assunzioni potevano beneficiare dell’abbattimento integrale dei contributi previdenziali a carico del datore di lavoro per un periodo di tre anni”, commenta l’Osservatorio, che presenta analoghe considerazioni anche per la contrazione del flusso di trasformazioni a tempo indeterminato (-35,4%).

Entrando poi nel dettaglio, dalle tabelle dell’Inps emerge anche che i nuovi rapporti di lavoro stabili sono scesi a 805.168 nei primi otto mesi del 2016. Un numero decisamente inferiore rispetto allo stesso periodo del 2015 quando i nuovi rapporti di lavoro a tempo indeterminato erano 1.199.702. Ma la cifra è anche più bassa se si guardano i primi otto mesi del 2014 quando le assunzioni stabili erano 866.735.

I dati Inps segnalano poi un boom di licenziamenti per giusta causa o con giustificato motivo soggettivo: nei primi otto mesi del 2016, si parla infatti di 46.255, in aumento del 31,2% rispetto allo stesso periodo del 2014 (35.235). Un dato superiore anche a quello del 2015 anche per i licenziamenti per giusta causa (36.048).

Altro elemento che emerso è che tra gennaio e agosto 2016 sono stati venduti 96,6 milioni di voucher destinati al pagamento delle prestazioni di lavoro accessorio, di 10 euro cadauno, con un incremento, rispetto ai primi otto mesi del 2015, pari al 35,9%.

Nei primi otto mesi del 2015, la crescita dell’utilizzo dei voucher, rispetto al 2014, era stata pari al 71,3%.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.