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Sara Di Pietrantonio si rifiutava di riconoscere il ruolo di padrone della sua vita nell’ex fidanzato Vincenzo Paduano.

E’ quanto è emerso nel processo e nelle oltre 70 pagine di motivazione date alla sentenza con cui il gup Gaspare Sturzo ha condannato all’ergastolo l’ex della ragazza uccisa e data alle fiamme il 29 maggio 2016 in via della Magliana a Roma.

“Gli elementi del rifiuto di Sara di subire ancora la presenza di Paduano nella sua vita e, quindi la conseguente perdita del dominio fino ad allora da questi esercitato sulla ragazza – scrive – sono il movente e rappresentano al tempo stesso un indice della spregevolezza del fatto quale motivo abietto”.

“Accertati oggettivamente – scrive il giudice – una serie continua di atti persecutori che poi prendono un indirizzo punitivo con un progetto omicidiario in quanto Sara si rifiutava di riconoscere il ruolo di padrone della sua vita in Paduano; così l’aver costruito una serie di menzogne per Sara e, poi, aver realizzato l’agguato notturno mediante una collisione stradale voluta, la sottrazione a Sara del cellulare e, probabilmente delle chiavi dell’auto; l’irrorazione dell’auto della ragazza di liquido infiammabile preparato per tale aggressione mortale; l’aver bagnato Sara dello stesso liquido; l’incendio dell’auto della ragazza; l’inseguimento, l’aggressione fisica; il soffocamento; il trascinamento del cadavere in mezzo a un letto di foglie e la distruzione di parte del corpo – scrive ancora il giudice – devono far ritenere gravissimi i delitti commessi”.

Per il giudice “quanto all’intensità del dolo, valutata come sussistente la premeditazione sulla base degli elementi oggettivi sopra indicati, e tenendone distinta la malvagità del Paduano per i motivi abietti per cui ha agito in relazione al suo preteso dominio su Sara, non si può negare che il dolo di Paduano sia stato della massima potenza, manifestando aspetti di vera e propria crudeltà verso Sara”.

“in relazione alla condotta susseguente al reato deve sottolinearsi – si legge nelle motivazioni – come il Paduano non s’è mostrato per nulla sconvolto innanzi a un collega del delitto commesso. Infatti con questi poco dopo l’omicidio beveva un caffè e fumava una sigaretta senza che nulla fosse”.

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