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Insonnia: solo 3 casi su 10 dipendono da stati ansiosi e depressivi

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L’insonnia, secondo Liborio Parrino, del Centro di medicina del sonno di Parma “Diversamente da quel che si potrebbe pensare solo tre casi su dieci dipendono da stati ansiosi e depressivi”.

Per questo non sempre gli ansiolitici producono l’effetto sperato.

Il ricercatore spiega poi “Nella ricerca che abbiamo condotto qualche anno fa coinvolgendo oltre un migliaio di medici di famiglia di tutta Italia, abbiamo scoperto che l’80 per cento di coloro che soffrono di disturbi del sonno prendono farmaci tutte le sere”.

Un altro esperto, il Dr. Nobili sostiene che “Invece la pillola o le gocce dovrebbero essere utilizzate per due-tre settimane, e poi ridotte nelle dosi fino a sospenderle del tutto. Continuando a prenderle, l’efficacia si riduce e il sonno perde di qualità”.

Poi aggiunge “Il medico invece deve prima di tutto capire perché una persona dorme poco o male. Le cause possono essere svariate e di solito si riescono a individuare con un colloquio ben impostato, senza doversi rivolgere a un centro del sonno dove si eseguono esami come la polisonnografia, da riservare ai casi più difficili”.

“Vanno bene le benzodiazepine se non si riesce a dormire per l’ansia, ma se i motivi sono altri e occasionali, ci sono medicinali come le imidazopiridine che agiscono direttamente sui meccanismi del sonno. Se alla base dell’insonnia poi c’è una depressione, servono gli antidepressivi; se c’è una sindrome delle gambe senza riposo, si usano a basse dosi alcuni medicinali usati contro il morbo di Parkinson; se una donna è disturbata dalle vampate della menopausa, si punta prima di tutto su questo”

Negli anziani, invece, che fanno una pennichella il pomeriggio, si addormentano alle nove di sera davanti alla tv, e normale che siano soggetti ad insonnia e che si sveglino alle tre o alle quattro di notte.

In questi casi, come accade per i lavoratori che fanno fatica ad adattarsi all’alternanza dei turni di giorno e di notte, si può somministrare la melatonina, un ormone che facilita la sincronizzazione del ritmo del sonno con quello del buio e della luce.

Nobili rassicura “E’ ormai dimostrato che una terapia cognitivo-comportamentale condotta dallo psicologo ma anche una serie di buoni consigli da parte del proprio medico – può aiutare più di un sonnifero”.

Giovanna Manna

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