Quando muore chi ci è caro

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16 pensiero su “Quando muore chi ci è caro”
  1. Che bel commento! Grazie! Ci porta a riflettere su una salita , anzi una scalata che prima o poi tutti dobbiamo fare.

    1. Sono scalate che la vita chiede a tutti, è vero, eppure nessuno riesce ad giungervi preparato. Ecco perchè diventa importante farsi accompagnare nel momento del bisogno.

  2. Gridare il proprio dolore e piangere tutte le lacrime che servono per raggiungere traguardi gioiosi.
    E’ proprio vera questa frase; a volte noi , pur lavorando molto vicini a chi soffre, non comprendiamo che il gridare il proprio dolore non è uno scandalo o segno di debolezza ma l’unica possibilità di passaggio ad una pace e serenità di accettazione del destino dell’altro.

    1. Gridare il proprio dolore non deve scandalizzare perchè siamo esseri umani, quindi non siamo onnipotenti. Il dolore e la sofferenza fanno parte della vita, vanno affrontati e non censurati.Certo è che ci vuole coraggio, il coraggio di guardare in faccia la vita, magari anche di farsi aiutare , il coraggio che serve per essere felici.

    1. Brava Elena, se stai salendo, anche se con fatica, sei tu ad essere bravissima!

  3. bella analisi di un momento triste della vita. Da rileggere più volte per assimilarne lentamente i profondi contenuti. Grazie

    1. Penso anche io che alle cose importanti non vada negata la calma nell’approccio e la possibilità di ritornare a guardarle in momenti che si susseguono, intervallati dal tempo in cui si approfondiscono le proprie riflessioni.

  4. Daniela riesce a esprimere con parole semplici un mondo di profondità e di affetti di fronte al più grande dolore della vita. Ci insegna a ‘portare in noi’ chi ci è caro, per sempre.
    Complimenti.

    Pierluigi Moressa

    1. ‘Portare in noi’ per preservare una relazione significativa, ma soprattutto per esprimere appieno noi stessi.

  5. Cara Daniela Lei riesce ad esprimere con un linguaggio incisivo, semplice e chiaro, ciò che si prova in relazione alla perdita di persone care. Credo che anche nelle separazioni si possano provare analoghe emozioni, talvolta ancora più intense. Quanto più si è amata una persona tanto più è doloroso e difficile il distacco. Con la fantasia la si vorrebbe riportare in vita o nuovamente presente. Ma il tentativo è effimero e destinato a fallire come fallì Orfeo che nel recuperare Euridice dall’Ade la fece precipitare negli inferi volgendosi inopportunamente verso di lei.

    1. Orfeo ci sia di monito perchè possiamo imparare che, per recuperare ciò che ci è stato caro, dobbiamo prima guardare con sensibilità e profondità dentro di noi e sintonizzarci sulla giusta modalità, che ci permetterà di accogliere l’altro con abbraccio forte, mai violento.

  6. Grazie, cara dottoressa, per il richiamo a non soffocare il nostro disagio, dentro la situazione affrontata in questa rubrica così come di fronte a qualsiasi circostanza della vita, riducendolo ad una inevitabile tappa, nell’attesa che il tempo medichi la ferita. La lealtà con la nostra natura di uomini e donne, fatta di domanda di significato e di desiderio di eternità anche di fronte all’evidenza della morte, introduce , prima o poi, l’ipotesi del mistero dell’esistenza umana. Il lavoro della vita sarà allora quello di scoprire, proprio a partire da queste stesse circostanze (e in questo senso i lutti costituiscono il richiamo più forte) chi esso sia.

    1. Cara Laura, da quello che scrivi si sente che sei una persona coraggiosa, che non si tira indietro nella vita. Dici molto di te in questo commento, esprimi con chiarezza ciò che vivi, testimoniando così un’opportunità per tutti. Ti ringrazio: hai approfondito e reso più chiaro quello che io stessa ho cercato di comunicare.

  7. Cara Daniela, ho letto su invito di un’amica e mi sento chiamata qui a cercare spazi di risonanza. “Riempire quel vuoto che altrimenti resterebbe soltanto disperazione” tu dici… e quando ormai il tempo ha sepolto e portato con sè tutto il vuoto, senza lasciare conforto di sorta; quando la vita, che sempre va avanti, si è lasciata vivere stringendo via via quello spazio da riempire, quasi senza pensiero… Quando la disperazione si fa voce parlante attraverso le nostre azioni… Allora, ti chiedo, quale è il margine per aprire un difficilissimo varco?

    1. Credo che il margine sia proprio partire dalla domanda, cara Monica, che ancora è viva, altrimenti non saresti qui a parlarmene. Se c’è una domanda c’è un desiderio di ricostruire ed è importante seguirlo come il filo di Arianna, che può permettere di uscire dal labirinto del dolore. Una figura esterna, che non giudichi quello che tu senti mancare, ma che faccia appello a ciò che c’è, a ciò che tu porti: il coraggio, che ti ha fatto scrivere ed infilare una piccola leva nello spazio stretto di cui parli, e questo coraggio è indispensabile per essere felici. Forza, seguilo!

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