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A distanza di un anno e mezzo dal disastro nucleare che colpì Fukushima, sono ancora molto elevati i livelli di radioattività delle acque davanti alla centrale e di conseguenza anche nei pesci.

La presenza variabile di cesio in quelle specie marine indica che vi è una fonte continua di radiazioni che proviene proprio dalle zone del disastro nucleare.

A rilevarlo, una ricerca che è stata pubblicata dalla rivista Science e condotta da Ken Buesseler, dell’Istituto oceanograficoamericano di Woods Hole.

L’attività ittica in quella zona è ferma dal giorno in cui ci fu il violento terremoto dell’11 marzo 2011, che provocò anche un grande tsunami con conseguenze devastanti sulle coste del Giappone e l’impianto nucleare Dai-ichi.

Il ministero giapponese ha monitorato i livelli di contaminazione nucleare nel pesce e in altre specie marine a partire dal 23 marzo 2011, scoprendo che il 40% del pesce contiene troppo cesio e pertanto non può essere consumato.

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