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L’uso massiccio di alcuni antidolorifici appartenenti alla famiglia dei FANS, ovvero farmaci antinfiammatori non steroidei, può essere associato a un aumento di circa un terzo del rischio di infarto, ictus e morte.
Questo, perché, in essi sono contenuti alcuni principi attivi legati a tale rischio, come il diclofenac e l’ibuprofene, mentre il naprosseneé non ne aumenta il rischio, avendo invece effetti protettivi che ne contrastano la potenziale cardiotossicità.
Questi i risultati che sono emersi da un’importante studio condotto dai ricercatori del MRC Clinical Trial Service Unit & Epidemiological Studies Unit (CTSU) presso la University of Oxford, diretti da Colin Baigent, in collaborazione con Carlo Patrono, Ordinario di farmacologia all’Università Cattolica di Roma e finanziata dal Medical Research Council e dalla British Heart Foundation.
Ebbene la ricerca in questione, è stata pubblicata sulla rivista The Lancet e raccomanda che una terapia di lunga durata con FANS debba essere fatta in modo ragionato, scegliendo pertanto l’antidolorifico giusto, soprattutto se il paziente è già a rischio cardiovascolare. Il medico, deve informarlo circa i potenziali rischi legati a tali farmaci.
Gli studiosi, hanno preso in considerazione i risultati di 639 trial clinici per un totale di oltre 300.000 persone coinvolte ed analizzato i dati dei singoli pazienti al fine di predire l’entità degli effetti collaterali causati dai FANS in particolari tipi di pazienti, in cura con dosi massicce e per un tempo prolungato.
Da qui, è emerso in costoro un rischio più alto di complicanze vascolari, soprattutto a livello cardiaco, e un rischio da 2 a 4 volte superiore di emorragia gastrointestinale, che tuttavia raramente è fatale.
Per ogni 1000 soggetti trattati si verifichino tre infarti in più rispetto ai soggetti non trattati con i FANS, di cui uno con esito fatale.
Questi rischi riguardano persone malate di artrosi o artrite. Un breve trattamento con dosi più basse degli stessi farmaci è relativamente sicuro.
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