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Le città in Cina sono meno inquinate, grazie ad una creazione italiana. Il merito è di alcuni laser atmosferici che sono stati progettati dall’Università Federico II di Napoli e sono entrati in azione a Pechino a ‘caccia’ di inquinanti.

Così, dopo il primo prototipo, altri laser dal nome Lidar ovvero Laser Imaging Detection and Ranging sono stati ordinati proprio in questi giorni.

Il progetto è nato grazie aall’accordo italo-cinese fra il Consorzio Nazionale Interuniversitario per le Scienze Fisiche della Materia (Cnism) e l’Istituto di ricerca di Telemetria di Pechino (Brit). Firmato due anni fa, prevedeva la progettazione e realizzazione di un radar ottico per il controllo delle polveri e degli inquinanti nell’atmosfera in Cina.

A realizzare il progetto, è stato un gruppo di ricerca con a capo Nicola Spinelli, dell’ateneo di Napoli, mentre a costruire una delle componenti del Lidar, l’azienda Bright Solutions di Pavia.

Ma come funziona il laser? Ebbene, il Lidar, a differenza di un radar tradizionale che invia microonde, le quali rimbalzano su un oggetto permettendo di individuarlo, si avvale di impulsi di luce. A spiegarlo è il presidente del Cnism, Ezio Puppin.

Sembra, inoltre, che questi impulsi vengano poi sparati da una sorgente laser basata a terra nell’atmosfera, dove le particelle da monitorare riflettono la luce, che viene captata da un telescopio sottostante.

Questo apparecchio, misurando le caratteristiche della luce riflessa da polveri ed inquinanti, riesce a dare un identikit delle particelle presenti in atmosfera, misurando invece il tempo di viaggio degli impulsi risale all’altezza in cui si trovano le particelle.

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