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L’attrice Sofia Loren non doveva essere arrestata per evasione fiscale nel 1982. A stabilirlo, a distanza di 31 anni, è la Cassazione. La sezione tributaria della Suprema Corte ha accolto il ricorso presentato dalla Loren contro la decisione della Commissione tributaria centrale di Roma nel 2006 relativamente ad un contenzioso sulla dichiarazione dei redditi del 1974 che la Loren presentò, insieme al marito Carlo Ponti, in cui si escludeva, per tale anno, l’esistenza di proventi e spese, in quanto per i film ai quali stava lavorando erano previsti compensi ma da erogarsi negli anni successivi.

Ecco dunque che nel 1980 all’attrice napoletana, venne notificato un avviso di accertamento, per un reddito netto assoggettabile all’Irpef pari a 920 milioni di vecchie lire. La Loren allora per chiudere la faccenda, approfittò del condono fiscale previsto dalla legge 516/1982, presentando una dichiarazione integrativa con un imponibile di 552 milioni di vecchie lire, ovvero il 60% del reddito accertato, ma il Fisco ne richiedeva uno maggiore pari a 644 milioni, sostenendo che la percentuale da applicarsi doveva essere invece del 70%, perché la dichiarazione dei redditi del 1974 doveva considerarsi omessa, in quanto mancante degli elementi attivi e passivi necessari alla determinazione dell’imponibile.

Da qui, la Commissione tributaria centrale di Roma aveva dichiarato legittima la liquidazione del condono con l’imponibile al 70% e pertanto l’attrice nel 1982, finì nel carcere femminile di Caserta, dove vi restò per 17 giorni.

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