Raffaele Sollecito si è recato ieri mattina al processo di appello bis che lo vede imputato, assieme ad Amanda Knox, per l’omicidio di Meredith Kercher, avvenuto a Perugia la notte tra l’1 e il 2 novembre 2007.
Quanto alla storia con Amanda, sollecito ha spiegato “l’ho conosciuta e fu il mio primo vero amore. Fu tardi perché ero riservato. Quando avevamo 20 anni c’era tutto nella nostra mente fuorché una visione di disprezzo dell’essere umano come ci descrive chi ci accusa. Anche io come la mia famiglia, sono sempre stato una persona onesta ” E continuando il giovane ha detto: “Sono cresciuto in una famiglia italiana, per bene, che mi ha insegnato il massimo rispetto dei valori. La mia famiglia non ha mai avuto problemi con la giustizia”.
E in un momento di commozione ha spiegato “Al momento io una vita reale non ce l’ho”. E concludendo la sua dichiarazione spontanea in Corte d’Assise d’Appello di Firenze l’ingegnere pugliese ai giudici ha chiesto di “correggere gli errori” commessi da chi lo ha condannato. “Vi prego giudici di considerare il grosso sbaglio che è stato fatto. Vi prego di poter far credere ancora che per un italiano come me, come noi, ci possa essere la possibilità di avere una vita reale”.
“Sento nei miei confronti una persecuzione allucinante, senza senso“. “Mi hanno descritto come un assassino spietato, non sono niente di tutto questo“.
Infine il dna trovato fra l’impugnatura e la lama del coltello sequestrato nella casa di Sollecito presenta “notevoli affinità” con il profilo genetico della Knox. Lo ha riferito in aula il perito del Ris nominato dalla corte d’assise d’appello. Per l’accusa si tratterebbe dell’arma del delitto. La difesa invece ha sempre ricordato che venne sequestrato in casa del ragazzo all’epoca fidanzato di Amanda e che, quindi, è normale che sia stato usato anche da Amanda per scopi domestici. Il perito ha anche ricordato che ci sono gli esiti dei confronti fra la traccia e i profili genetici di Sollecito, Guende e Meredith, dai quali sono emerse “evidenti discordanze”.
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