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Papa Francesco ha proclamato beato il predecessore Giovanni Battista Montini, vescovo di Roma dal giugno 1963 all’agosto 1978, che verrà celebrato il 26 settembre di ogni anno, giorno della sua nascita.

E nel corso dell’omelia, concelebrata con tutti i padri sinodali, il Santo padre è tornato a parlare del cammino di questo primo Sinodo incentrato sulla famiglia.

«In questo giorno della beatificazione di Paolo VI, mi ritornano alla mente le sue parole, con le quali istituiva il Sinodo dei vescovi: “Scrutando attentamente i segni dei tempi, cerchiamo di adattare le vie ed i metodi… alle accresciute necessità dei nostri giorni ed alle mutate condizioni della società”».

Alla cerimonia, celebrata sul sagrato della basilica di San Pietro ha presenziato anche il Papa emerito Benedetto XVI, arrivato in anticipo. Francesco, quando lo ha visto, al suo arrivo gli si è avvicinato per salutarlo dicendogli «Grazie, grazie per la sua presenza!».

Ratzinger, nel marzo 1977, fu nominato arcivescovo di Monaco da Paolo VI, e tre mesi dopo fu elevato al cardinalato.
Dunque la sua presenza non era un caso.

All’inizio della messa è stato eseguito il rito della beatificazione. Dopo la proclamazione, è stata portata sull’altare la reliquia del nuovo beato: la maglia insanguinata che Papa Montini indossava a Manila, nel 1970, quando sbarcato dall’aereo venne accoltellato da uno squilibrato, la cui lama del pugnale gli penetrò poco distante dal cuore.

Nel corso dell’omelia, Papa Francesco ha commentato il passaggio del Vangelo spiegando le parole di Gesù «Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio».

E alla «provocazione dei farisei che, per così dire, volevano fargli l’esame di religione e condurlo in errore – ha spiegato – Gesù risponde con questa frase ironica e geniale. È una risposta ad effetto che il Signore consegna a tutti coloro che si pongono problemi di coscienza, soprattutto quando entrano in gioco le loro convenienze, le loro ricchezze, il loro prestigio, il loro potere e la loro fama. E questo succede in ogni tempo, da sempre».

Francesco ha poi chiesto ai presenti di vincere «il timore che spesso proviamo di fronte alle sorprese di Dio. Lui non ha paura delle novità! Per questo, continuamente ci sorprende, aprendoci e conducendoci a vie impensate». Dare a Dio quello che è di Dio, significa «aprirsi alla sua volontà e dedicare a Lui la nostra vita e cooperare al suo regno di misericordia, di amore e di pace. Qui sta la nostra vera forza, il fermento che la fa lievitare e il sale che dà sapore ad ogni sforzo umano contro il pessimismo prevalente che ci propone il mondo».

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