Un messaggio forte arriva dal referendum greco di domenica 5 luglio: un gigantesco oxi, un no alle imposizioni e misure fiscali e sociali imposte dalla Troika in cambio del nuovo programma di aiuti da cui la Grecia dipende per evitare il default.
Quorum superato con il 61,31% dei dieci milioni di aventi diritto, nonostante non si potesse esprimere la preferenza a distanza.
All’indomani del referendum in Grecia, che ha bocciato le proposte dei creditori internazionali, il ministro delle Finanze greco Yanis Varoufakis ha annunciato le sue dimissioni sul proprio blog, e su Twitter motivando la sua decisione con la volontà di voler aiutare il premier Alexis Tsipras a raggiungere un accordo al tavolo dei negoziati.
“Subito dopo l’annuncio del risultato del referendum, sono stato informato di una certa preferenza da parte di alcuni partecipanti all’eurogruppo, e di partner ‘assortiti’, per la mia… ‘assenza’ dai loro incontri, un’idea (quella della mia assenza, ndr.) che il premier ha ritenuto potrebbe aiutarlo a raggiungere un accordo. Per questo motivo lascio oggi il ministero delle Finanze”.
“Lo considero mio dovere per aiutare Alexis Tsipras a sfruttare il capitale che il popolo greco gli ha accordato con il referendum di ieri”, ha sottolineato il ministro uscente.
“Porterò addosso con orgoglio il disgusto dei creditori”.
Intanto gli occhi sono tutti puntati su mercati. Le capitali europee si trovano a dover fare i conti con una situazione ancora più grave di quanto molte avessero previsto.
I mercati, europei e asiatici, hanno cominciato ad inviare i primi segnali, sono tutti negativi. Due i fattori, oltre al no al referendum, anche le dimissioni di Varoufakis, e l’attesa per le decisioni della Bce sulla liquidità della banche greche.
L’impressione è che i forti ribassi di inizio seduta fossero in parte legati a prevedibili vendite allo scoperto confermandosi così l’effetto positivo sui mercati delle dimissioni a sorpresa del ministro delle Finanze, Yanis Varoufakis, interpretate come una mano tesa di Atene a Bruxelles, dove il ‘marxista erratico’ era poco gradito.
Le vendite colpiscono soprattutto il settore bancario e la peggiore è Milano, dove tale comparto ha un peso particolarmente rilevante: l’indice Ftse Mib di Piazza Affari cede il 2,45%.