Pino Daniele è morto per un decadimento della funzione cardiaca, che gli ha provocato un edema fatale.
Sono queste le conclusioni a cui sono giunti i periti nominati dalla Procura di Roma in merito al suo decesso, avvenuto lo scorso 4 gennaio.
A confermare l’insufficienza coronarica del grande interprete partenopeo i professori Vittorio Fineschi, Giorgio Bolino e Giuseppe Ambrosio, la cui relazione tecnica è stata consegnata questa mattina al procuratore aggiunto Pierfilippo Laviani.
I consulenti delle parti, nominati dall’ex moglie dell’artista, avranno ora modo di esaminarla e di trarre ulteriori conclusioni.
Gli accertamenti degli inquirenti sono pertanto conclusi, visto che hanno riguardato una autopsia generale, esami tossicologici ed esami più approfonditi.
Secondo i periti scelti dal pm che segue il caso, qualora Pino Daniele si fosse recato nel più vicino ospedale, avrebbe certamente avuto più possibilità di cura, ma al tempo stesso non è sicuro che si sarebbe salvato.
“Il cantante napoletano non è morto per un “fatto acuto”, un infarto, ma in seguito ad una perdita d’energia della cosiddetta pompa cardiaca. E’ stato poi riscontrato e verificato il fatto che Daniele era in contatto con il cardiologo che l’aveva in cura e che di sua volontà decise di non affidarsi alla ambulanza dell’ospedale di Orbetello che era stata chiamata per i soccorsi, malgrado il consiglio dello stesso medico”. Sottolineano gli esperti.
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