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A lanciare l’allarme è il Wwf che con numeri alla mano parla di rischio incalcolabile per il patrimonio naturale mondiale a causa di esplorazioni ed estrazioni di gas, petrolio e minerali.

Settanta i siti su 229 totali, di differente tipologia, comprendenti barriere coralline, parchi nazionali e riserve naturalistiche ad alto rischio per la massiccia presenza di trivellazioni.

Un dato più che allarmante in netta crescita: un 7% in più rispetto al dato rilevato lo scorso anno (24%).

Una percentuale che riportata ad una media dei dati raccolti nei cinque continenti, che ha fatto scoprire che Europa e Nord America garantiscono una maggiore protezione, con appena il 7% di rischio, mentre la situazione peggiore si registra in Africa, dove si sale a ben il 61%.

Ma non è tutto. Il 31% dei siti naturali Patrimonio dell’umanità potrebbero ben presto scomparire a causa delle multinazionali, che con le loro operazioni di profitto rischiano di compromettere per sempre l’ecosistema di tanti “paradisi” terrestri.

In particolare, le foreste della Tanzania e il Parco Nazionale del Virunga del Congo. Entrambe le riserve già distrutte del 61%. Ma si parla anche di foreste pluviali africane, che da anni subiscono trivellazioni per l’estrazione di minerali.

A tal fine il Wwf lancia un importante appello ai leader mondiali, affinché intervengano a mettano un freno a tutto questo.

Vale veramente la pena di rischiare un tale e raro patrimonio per cercare, oltretutto senza alcuna garanzia di successo, risorse energetiche, comunque destinate prima o poi ad esaurirsi?

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