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Depressione, una nuova pillola in fase sperimentale priva di effetti collaterali

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Contro la depressione è in arrivo un nuovo farmaco sperimentale. Con un meccanismo d’azione totalmente nuovo rispetto a quelli odierni. Capace di stimolare la crescita di nuovi neuroni nel cervello responsabili dell’arrivo della depressione.

Gli antidepressivi di oggi agiscono nel cervello aumentando la serotonina, neurotrasmettitore del buon umore. Ma attenzione, hanno con sé dei grossi limiti, soprattutto perché solo un terzo dei pazienti riesce a trarne un reale beneficio.

Il loro utilizzo infatti si accompagna a tantissimi effetti collaterali.

Ecco allora che nuove ricerche dimostrano che dietro la depressione si nasconde anche una diminuzione del fisiologico processo chiamato di “neurogenesi”, che porta alla conseguente nascita di nuovi neuroni, in particolare in una porzione dell’ippocampo chiamata “giro dentato”.

Così nel caso di uno stress cronico questo processo si blocca e subentrano disturbi d’ansia e depressione.

Per questo motivo i ricercatori hanno pensato di ideare un nuovo farmaco che è riuscito a dimostrare che attività stimolanti come ad esempio lo sport possono favorire la neurogenesi esercitando un ruolo antidepressivo.

Secondo quanto riferito sulla rivista Molecular Psychiatry, il nuovo farmaco è una molecola chiamata “NSI-189” assumibile per bocca a rapida azione, con pochi effetti collaterali e dalla efficacia più duratura.

Una nuova terapia farmacologica che supera i primi test clinici su 24 pazienti, dimostrandosi sicura, ben tollerata e con pochi effetti collaterali.

Lo studio clinico condotto dall’italiano Maurizio Fava, originario del vicentino, laureatosi all’Università di Padova e da 30 anni presso il Massachussetts General Hospital di Boston sta andando avanti con successo con la II fase sperimentale appena avviata.

Parlando del nuovo farmaco l’esperto spiega “Il suo esatto meccanismo d’azione è al momento oggetto di studio ma il farmaco ha mostrato l’abilità di aumentare le sinapsi (connessioni tra neuroni) e il volume dell’ippocampo”.

Giovanna Manna

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