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cuore cura
A Roma in questi giorni, si tiene uno dei più importanti e prestigiosi congressi di cardiologia e ricerca dell’anno. Per quattro giorni consecutivi, oltre 2mila esperti del settore saranno impegnati nel 76° Congresso Nazionale della Società Italiana di Cardiologia, dall’11 al 14 dicembre, al fine di trovare nuove armi di prevenzione e di cura per la salute del cuore.

Presenti anche cinquanta relatori provenienti da ogni parte del mondo.

Tema caldo di questo meeting lo scompenso cardiaco, su cui la Società Italiana di Cardiologia lancia un forte e accorato appello: una persona su 3 sopra i 55 anni è a rischio di svilupparlo nel corso della vita, per questo motivo, nonostante i progressi nella cura della malattia, la metà di queste persone rischia di morire entro i prossimi 5 anni.

Una prognosi di certo peggiore anche rispetto al rischio di malattie tumorali.

Nella sua Lettura Magistrale, Eugene Braunwald parla dello scompenso come di una pandemia che necessita di azioni concrete e concertate da parte di tutta la comunità scientifica.

Nel mondo sono circa 38 milioni le persone che soffrono di questa patologia, molte non lo sanno neppure. Numeri che poi rischiano di aumentare sensibilmente nei prossimi 8 anni col rischio di superare anche i 60 milioni con un impressionante aumento di costi diretti e indiretti (ovvero il 200% in più).

Per questo bisogna fare al più presto qualcosa. Risultati però, positivi arrivano da studio condotto sui micro-RNA e da una nuova classe di farmaci antagonisti, oltre che da dispositivi di assistenza ventricolare a lungo termine.

Jawahar L. Mehta, ospite del Congresso, illustra le più recenti acquisizioni relative ai meccanismi cellulari e molecolari alla base del processo aterosclerotico, una delle principali cause di scompenso cardiaco: si apre così la prospettiva di utilizzare degli anticorpi monoclonali anche in cardiologia.

Secondo gli esperti, però, anche la prevenzione gioca un ruolo molto importante, come del resto un buon stile di vita e alimentare, e le cure necessarie fatte in tempo. Tutti fattori che potrebbero anche allungare la vita di 10 anni in più.

Oggi poi è possibile valutare il rischio infarto anche grazie a un semplice test genetico al fine di metterlo in relazione con i tradizionali fattori di rischio che sono ipertensione, ipercolesterolemia, obesità, diabete e fumo.

Altro aspetto da non sottovalutare è certamente anche la salute delle donne. le quali si ammalano sempre più spesso di malattie cardiovascolari. Infatti per loro è proprio la prima causa di morte.

A tal proposito in occasione di questo congresso in corso, la società di cardiologia è impegnata in un’intensa campagna anche di informazione.

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