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leucemia rischi post trapianto
Ridurre al minimo le complicanze mortali legate ai trapianti di cellule staminali nei pazienti malati di leucemia ora si può. Sarà infatti possibile, grazie alla scoperta di una ricercatrice italiana che li ha ridotti dal 68,7% al 32,2%, insieme ai colleghi Nicolaus Kroger di Amburgo e Carlos Solano di Valencia.

Francesca Bonifazi, 46enne, è riuscita a contenere la “malattia dell’ospite” il paradosso che si verifica quando avviene il trapianto.

Nel paziente viene trasferito per via endovenosa anche il sistema immunitario del donatore, i suoi linfociti. I quali da un lato combatterebbero la leucemia del paziente, e dall’altro causerebbero il rischio di attaccare i suoi organi scatenando così “una malattia devastante, che nei suoi effetti più acuti potrebbe portare anche alla morte e comunque a una qualità della vita molto brutta”, spiega l’esperta.

La cura, insomma, rischierebbe di essere allo stesso tempo la causa del male. I globuli bianchi del donatore attaccherebbero le cellule “cattive”, ma rischierebbero di danneggiare anche gli organi del trapiantato con effetti davvero devastanti.

Con la nuova terapia invece, che consiste nell’abbattere questo rischio, “Durante il ciclo di chemioterapia che precede il trapianto viene iniettato nel paziente un siero. Un farmaco che “intontisce” i linfociti del donatore. In questo modo si ottengono due risultati: i linfociti combattono lo stesso la leucemia ma non attaccano gli organi sani”.

Su 161 pazienti sottoposti alla sperimentazione in due anni, “il rischio di Gvhd è passato dal 68,7% al 32% dei casi” ha spiegato infine l’esperta. “Nei casi più gravi, che portano alla morte, questo calo è ancora più drastico: da oltre il 50% al 7% di casi di malattia”.

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