“Gli ultimi ragazzi del secolo” è il nuovo romanzo di Alessandro Bertante, edito Giunti Editore (224 pagine, euro 16,00, in libreria dal 20 gennaio).
Un romanzo crudo e potente dove la memoria di un adolescente randagio e ribelle si fonde con la dolorosa presa di coscienza di un giovane uomo di fronte al dramma della Storia.
C’è molto di personale in questo libro di Bertante. Non solo la foto che lo ritrae in copertina bambino di meno di dieci anni. C’è la sua gioventù nella Milano-metropoli degli anni Ottanta, quando era un “compagno”, un “alternativo”, vestiva di nero, entrava e usciva dal centro sociale Leoncavallo, in contrasto coi paninari, vestiti alla moda: laccati e tutti uguali con bomber, jeans, stivali con la para a carro armato, felpe colorate, abbigliamento rigorosamente griffato.
“Dicono che nei Balcani i secoli non si succedono uno dietro l’altro ma coesistono in un flusso senza interruzione. Fra queste montagne resistono maledizioni eterne, conflitti mai risolti, rancori ancestrali.”
Luglio 1996. Un viaggio estivo in Croazia porta il protagonista, insieme a un amico, fino a Mostar e a Sarajevo per toccare con mano i segni di una guerra non ancora finita. Attraversando con una Panda le montagne bosniache, Bertante racconta le devastazioni e le paure del conflitto balcanico. Durante questo avventuroso viaggio, il narratore si mette a nudo con coraggio, raccontando la sua generazione cresciuta negli anni Ottanta, un serpente che vediamo snodarsi attraverso le canzoni, i film, l’abbigliamento, la trasformazione di Milano, l’eplosione delle tv commerciali, la new wave e i centri sociali, fino alla mattanza delle droghe pesanti e alla tragedia dell’AIDS.
Alessandro Bertante è nato ad Alessandria nel 1969 e vive a Milano. Ha pubblicato i romanzi: Al Diavul (Marsilio, 2008; premio Chianti), Nina dei lupi (Marsilio, 2011; premio Rieti), La magnifica orda (Il Saggiatore, 2012) e Estate crudele (Rizzoli, 2013; premio Margherita Hack).
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