Ai funerali di Elisa, la studentessa dell’Erasmus morta nel bus, il papà: “Sognava il camice e curare i bambini”

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Tanta gente e tanti fiori ai funerali di Elisa Scarascia Mugnozza, la giovane studentessa di Medicina, 25 anni, morta nel terribile incidente stradale del pullman dell’Erasmus che stava frequentando insieme ad altre studentesse italiane a Tarragona.

Oltre al papà Giuseppe davanti alla bara vicino alla moglie e la madre di Elisa, Maria Teresa, c’erano i fratelli minori, Costanza e Tommaso, i colleghi dell’ospedale Sant’Andrea dove Elisa lavorava in attesa della laurea quinquennale prevista ad ottobre – e le amiche più strette, che le sistemano con cura la bara picchettata da quattro vigili urbani con sopra i palloncini a forma di fiori a destra e a sinistra che la mamma continuava a raddrizzare ad ogni folata di vento, un collage di fotografie, la Bibbia e una distesa di rose bianche.

Entrambi i genitori hanno letto passi tratti del Vangelo, e poi padre ha invitato tutti a non perdere la speranza: «Ringrazio il Vescovo e il Santo Padre, che ci hanno scritto, e ringrazio Elisa, per la dolcezza, la sua allegria, la sua voglia di vivere, qualche volta anche per la sua testardaggine un po’ crucciata ma sempre simpatica e divertente. Voleva diventare dottoressa e c’era quasi arrivata, aveva già il suo camice verde per la sala operatoria e lavorava con i bambini con la clownterapia. Il suo obiettivo era diventare chirurga e trovare i bambini in America Latina e Africa. Speriamo che i tanti suoi colleghi, amici e amiche vicino a noi in questi giorni possano coronare questo sogno”.

Don Pietro Rabitti, il parroco della chiesa dei Santi Pietro e Paolo, ha invece ripetuto: “Qui siamo assetati di tante risposte ma abbiamo bisogno di sentirci amati. Sai Elisa, il Papa ha pregato per voi. Ci piace questo Papa che ci parla della Misericordia di Gesù, di un Dio che è pronto ad accoglierci. Oggi abbiamo un po’ di imbarazzo davanti a quel Dio. Vorremmo chiedergli perché proprio te? Perché è successo, che senso ha? Vorremmo intravedere un senso per andare avanti”.

Giovanna Manna

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