Per la prima volta in assoluto Beppino Englaro parla di “intima gioia, della fine dell’inizio”, forse perché si è arrivati a un punto fermo. Era il 18 gennaio 1992 quando sua figlia Eluana, dopo una sbandata sul ghiaccio, finì in “stato vegetativo”, senza alcuna relazione con il mondo esterno.
Era il 9 febbraio 2009 quando, alla clinica “La Quiete” di Udine, dopo le sentenze della Cassazione e dei giudici milanesi, Eluana si spense per eutanasia.
Ed è del 6 aprile, la sentenza del Tar che condanna la Regione Lombardia a risarcire i danni subiti dagli Englaro, valutati in circa 150mila euro, perché – secondo i giudici – “si è rifiutata deliberatamente e scientemente di dare seguito” alle sentenze, “ponendo in essere un comportamento di natura certamente dolosa”.
Ricevuta copia della sentenza, l’attuale presidente della regione Lombardia Roberto Maroni, pensa di “non ricorrere”, anche se la decisione sarà presa in giunta oggi.
Raffaele Cattaneo, presidente del Consiglio regionale, legato a Cl, insiste invece per tornare in giudizio, in nome, della lotta all'”eutanasia”.
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