Oggi Domenica 17 aprile i cittadini italiani saranno chiamati al voto in occasione del referendum sulle trivellazioni in mare, indetto in seguito alla richiesta di dieci Regioni (Basilicata, Calabria, Campania, Liguria, Marche, Molise, Puglia, Sardegna e Veneto), poi scese a nove dopo il ritiro dell’Abruzzo. Si vota dalle 7 di mattina alle 23 di sera.
Si tratta di un referendum abrogativo, previsto dall’art. 75 della Costituzione: può essere validamente richiesto da 500.000 mila o più elettori oppure, in alternativa o per la prima volta come accaduto in questo caso da almeno cinque Consigli regionali. I soggetti appena elencati possono proporre all’elettorato “l’abrogazione, totale o parziale, di una legge o di un atto avente valore di legge”.
Questo tipo di referendum richiede, ai fini della sua validità, il raggiungimento di un determinato numero di voti, chiamato quorum.
Se alla votazione non partecipa almeno il 50%+1 degli aventi diritto al voto la consultazione non viene ritenuta valida,.
Il referendum sarà bastao su un unico quesito: «Volete voi che sia abrogato l’art. 6, comma 17, terzo periodo, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, “Norme in materia ambientale”, come sostituito dal comma 239 dell’art. 1 della legge 28 dicembre 2015, n. 208 “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2016)”, limitatamente alle seguenti parole: “per la durata di vita utile del giacimento, nel rispetto degli standard di sicurezza e di salvaguardia ambientale”?».
Il comma 17 vieta «l’attività di ricerca, di prospezione nonché di coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi» nelle acque italiane fino a 12 miglia dalla costa. Per quanto riguarda le installazioni già esistenti, invece, si prevede che esse possano essere proseguite fino all’esaurimento dei giacimenti petroliferi.
Secondo i dati forniti dal Ministero dello Sviluppo Economico, nelle acque italiane sono già state installate 135 piattaforme, 92 delle quali situate all’interno delle famigerate 12 miglia (porzione di mare all’interno del quale gli Stati esercitano la piena sovranità, proprio come avviene sulla terraferma).
Le piattaforme attive sono 79 su 92. Le installazioni sono situate prevalentemente nel Mare Adriatico.
Votare SI significherebbe esprimere la volontà di interrompere le operazioni di trivellazione allo scadere della concessione, esclusivamente per le piattaforme che si trovano entro le 12 miglia dalla costa.
In caso di vittoria del fronte no-triv, quindi, le trivellazioni in mare non verranno immediatamente interrotte ma alla scadenza stabilita (le concessioni hanno durata trentennale, con possibilità di rinnovo prima per dieci e poi per cinque anni).
Votare NO, al contrario, significherebbe voler dire che si vuole mantenere la normativa attualmente in vigore. Le trivellazioni non si fermeranno alla scadenza della concessione, ma soltanto nel momento in cui i giacimenti saranno esauriti.
Non votare significa non voler cambiare quanto oggi accade. Da ricordare anche l’impatto che queste trivellazioni hanno sull’ecosistema marino, e ambientale. I rischi che si corrono con queste trivellazioni nel sottosuolo. Molti studi hanno infatti dimostrato che in molte aree del pianeta c’è un nesso tra le trivellazioni di gas e pretrolio e l’origine di molti sisma devastanti.
Attualmente questo genere di trivellazioni avviene anche in aree rosse, vulcaniche e a rischio eruzioni.