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Diritto alla salute con prestazioni a breve tempo, altrimenti sì dal privato ma solo con il ticket

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Le liste di attesa, in Italia si sa, soprattutto per determinate visite e prestazioni sanitarie, sono diventate veramente lunghissime. Con la conseguenza che molti cittadini, se hanno bisogno ad esempio di sottoporsi ad una esame urgente, una TAC, sono costretti ad attendere mesi e mesi, a rinunciarvi se non hanno al possibilità di potersi permettere di ricorrere ad un centro medico privato.

Così, accade, che nonostante l’articolo 32 della Costituzione Italiana, tuteli la salute della persona, ritenendo fondamentale il diritto dell’individuo e l’interesse della collettività […]” a curarsi, e che esiste uno specifico Piano nazionale di governo delle liste d’attesa, elaborato dal governo, in accordo con regioni e province autonome di Trento e Bolzano, in cui sono stabiliti sia le priorità che i tempi massimi entro i quali il SSN deve erogare esami, visite specialistiche, ricoveri ospedalieri e interventi chirurgici, molti cittadini non lo considerano.

Tale Piano, prevede infatti, quattro priorità temporali che devono essere indicate dal medico nell’apposito campo presente sull’impegnativa utilizzando le lettere identificative U, B, D e P.

In particolare, la lettera U dà diritto al cittadino ad ottenere l’erogazione della prestazione con urgenza entro 72 ore, purché egli provveda alla prenotazione entro 48 ore dalla data della prescrizione.

La lettera B indica prestazioni che devono essere elargite al massimo entro 10 giorni.

La lettera D indica prestazioni differibili, di prima diagnosi, da erogare entro 30 giorni se si tratta di visite o entro 60 giorni se si tratta di esami strumentali.

La lettera P indica infine prestazioni programmate, da erogare al massimo entro 180 giorni. Queste ultime rappresentano l’ipotesi residuale, che trova applicazione anche nel caso in cui il medico non barri nessuna casella.

Inoltre, il Piano nazionale del governo delle liste d’attesa ha anche individuato 58 prestazioni del ssn che prevedono un tempo massimo d’attesa almeno al 90% dei cittadini che ne fanno richiesta. Tra queste, ci sono anche gli esami strumentali, da erogare entro 60 giorni, le TAC, in particolare quelle, con e senza contrasto (al torace, addome superiore, inferiore o completo, al capo, al rachide e allo speco vertebrale al bacino), e ancora, mammografia, RMN cervello e tronco encefalico, RMN pelvi, prostata e vescica, RMN muscoloscheletrica, RMN colonna vertebrale, ecografia capo e collo, ecocolordoppler cardiaca, ecocolordoppler dei tronchi sovra aortica, ecografie addome, mammella e ostetrica-ginecologica.

Poi ci sono quelle che sono prestazioni con visite specialistiche con tempi di attesa garantiti, entro 30 giorni, come nel caso di visita cardiologica, chirurgica vascolare, endocrinologica, neurologica, oculistica, ortopedica, ginecologica, otorinolaringoiatrica, urologica, dermatologica, fisiatrica, gastroenterologa, oncologica, pneumologica.

Infine nell’elenco delle prestazioni per le quali i tempi di attesa sono garantiti troviamo anche altri esami specialistici da erogare entro 60 giorni: colonscopia, sigmoidoscopia con endoscopio flessibile, esofagogastroduodenoscopia, elettrocardiogramma semplice, a dinamo, da sforzo, audiometria, spirometria, fondo oculare, elettromiografia.

Cosa fare se le liste d’attesa non vengono rispettate e si vuole far rispettare il proprio diritto di recarsi da un privato, senza spendere di più?

Anche in questo caso, il cittadino ha diritto ad andare da un privato, pagando solo il prezzo del ticket.

Già prima della stipula del primo Piano nazionale, l’articolo 3 del decreto legislativo numero 124/1998 sanciva l’obbligo per i direttori generali delle aziende, unità sanitarie locali e ospedaliere di determinare i tempi massimi che possono intercorrere tra la data in cui una prestazione viene richiesta e quella in cui la stessa è erogata e la possibilità per l’assistito, qualora l’attesa si dovesse prolungare oltre i predetti termini, il cittadino ha la possibilità di chiedere che la prestazione venga resa nell’ambito dell’attività libero-professionale intramuraria senza alcun costo aggiuntivo rispetto a quello del ticket.

Domanda
A tal fine è necessario presentare al direttore generale dell’Azienda Sanitaria Locale di appartenenza una richiesta in carta semplice nella quale indicare i propri dati personali e i riferimenti temporali che giustificano la domanda, documentandoli adeguatamente.

Bisognerà rilevare e provare che la richiesta è stata presentata a una determinata data e che non è stata evasa nei termini massimi prescritti.

Una volta inviata la richiesta, il paziente dovrebbe (almeno in teoria) essere dirottato automaticamente dalla ASL o dalla struttura ospedaliera alla prestazione in regime di attività libero professionale esercitata intramoenia.

Se però ciò non dovesse accadere ci troveremmo di fronte a un inadempimento della struttura sanitaria che priva il cittadino di un suo diritto e che, lo esporrebbe ad un rischio elevato in un ritardo della risposta diagnostica che potrebbe avere serie ripercussioni sulla sua salute.

Il paziente sarebbe dunque costretto a sostenere una spesa rivolgendosi a una struttura privata e, in tal caso, si potrebbe valutare la possibilità di richiedere un risarcimento del danno che sarebbe costituito dalla differenza tra la spesa sostenuta e il costo del solo ticket.

Giovanna Manna

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