La fibromialgia, è una patologia muscolo scheletrica che colpisce soprattutto le donne. Si presenta come dolore cronico diffuso e tutta una serie di sintomi di non poco conto.
«Presenta, infatti, astenia, disturbi del sonno, di ansia, dell’umore e della sfera cognitiva che minano seriamente alla qualità della vita, relazionale e lavorativa delle persone», spiega il reumatologo Giannantonio Cassisi, segretario CReI. «Riguarda in prevalenza le donne e pare che solo il 20% dei pazienti che hanno dolore cronico diffuso abbiano la fibromialgia. È una malattia difficile da comprendere: bisogna conoscerla molto bene, e una cura ad oggi non è stata ancora trovata».
Il problema colpisce il 13% della popolazione, «riguarda nella stessa misura entrambi i sessi e può essere diagnosticata in base a due criteri: se si ha dolore alla parte alta e bassa e da ambo i lati del corpo per tre mesi consecutivi, oppure, secondo quelli che sono i topografici di Manchester, ossia se i pazienti indicano dei punti sui quadranti appositamente disegnati su un manichino».
Le cause possono essere diverse, «dalle malattie degenerative allo stress, passando per una carenza di vitamina D, fino ad arrivare ad una poliartrosi che perdura da parecchio tempo. Ecco perché bisogna allora stare particolarmente attenti alla diagnosi».
Una dieta scorretta, dice ancora l’esperto e colleghi, riuniti a Roma per il XX Congresso Nazionale del Collegio reumatologi Italiani (CReI) dedicato alle “Malattie senza dolore”, può determinare uno squilibrio della flora batterica intestinale finendo così per amplificare la percezione degli stimoli dolorosi. Dunque via libera alla dieta mediterranea, occhio alle intolleranze, sì all’integrazione con vitamina D: questi i primi consigli per chi soffre di fibromialgia e dolore cronico diffuso.
Infatti, secondo diverse ricerche è emerso che anche l’intestino potrebbe giocare un ruolo chiave nell’esordio della fibromialgia.
«Molti dei fibromialgici infatti presentano disturbi gastro-intestinali, come l’iperproliferazione batterica nel tenue o il colon irritabile». Il neurologo e nutrizionista Menotti Calvani dell’Università Tor Vergata di Roma, spiega «Sappiamo che molti dei recettori per neurotrasmettitori presenti nell’intestino influenzano il tono dell’umore e i centri del dolore. Sappiamo pure che l’intestino dei fibromialgici, in terapia con antidolorifici e gastroprotettori che riducono l’acidità gastrica, è più permeabile di altri. Questo vuol dire che mettono in circolo, nel corpo, più sostanze che causano dolore, come adrenalina e dopamina, per esempio».
Riequilibrare l’intestino significa dunque poter ridurre la sintomatologia della sindrome fibromialgica. Ma cosa bisogna fare? «In primis, si deve valutare se ci sono intolleranze: sappiamo che il 36% dei fibromialgici è intollerante al lattosio, mentre il 49% lo è al glutine». «Poi bisogna valutare se c’è carenza di vitamina D o un’alimentazione che non segue i principi della dieta mediterranea, con cibi poco cotti e ricchi di fibre che aiutano la corretta funzionalità intestinale».
Altro consiglio è quello di ridurre gli zuccheri, controllare la presenza o meno dell’alterazione di un gene, quello della produzione di acido folico, che grazie a una serie di meccanismi interni permette di eliminare omocisteina, anche questa causa di aumento del dolore. Da non dimenticare infine la buona abitudine di fare una costante attività fisica, che aiuta anche l’intestino a normalizzarsi.