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La “massiccia esplosione” avvenuta nel foyer della Manchester Arena alla fine del concerto di Ariana Grande, il 22 maggio scorso, provocata da un attentatore che ha fatto detonare un ordigno rudimentale, riempito di chiodi per aumentarne il potenziale distruttivo, ha fatto almeno 22 morti e settanta feriti, alcuni anche molto gravi, ma il bilancio è ad oggi ancora provvisorio.

L’attentatore è Salman Abedi, 23enne britannico di origini libiche già noto alle autorità.

Era appena tornato dalla Libia. Annunciato anche l’attentato sul web come la sua rivendicazione da parte dell’Isis.

Il Regno Unito ha allora alzato da “grave” a “critico” il livello di allerta terrorismo all’indomani dell’attacco che ha colpito Manchester, il peggiore dal 2005 su suolo britannico. Stando a una scala dell’MI5 fatta di cinque gradini (gli altri sono basso, moderato, sostanziale), ciò significa che un altro attacco potrebbe essere “imminente” e non più solo “altamente probabile”.

Tra le vittime molti adolescenti e una bambina di 8 anni.

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