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Papa Francesco: «Non voglio lavoro nero o precario in Vaticano»

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Papa Francesco non vuole che in Vaticano ci sia precariato e lavoro nero. Lo ha detto chiaramente incontrando, dopo la Curia, i dipendenti del piccolo Stato, nell’aula Paolo VI. «Lavoro è la prima parola che vi dico, non per dirvi, lavorate di più ma per dirvi grazie», ha esordito Francesco. «Non voglio lavoro in nero in Vaticano. Vi chiedo scusa, così come ho detto che non si deve lasciare nessuno senza lavoro». «È un problema di coscienza per me, non possiamo predicare la Dottrina della Chiesa. Per me è così. Voi aiutatemi, aiutate a risolvere questa situazione». Francesco ha detto di aver chiesto ai responsabili del Consiglio per l’economia, a partire dal cardinale che ne è capo, Reinhard Marx, di sanare al più presto le situazioni di precariato ancora presenti. «Va bene una prova di uno o di due anni, ma non di più».

Il Papa ha poi parlato del lavoro come «strada di santificazione e felicità». «La maledizione – ha aggiunto – è non avere lavoro, perché il lavoro ci dà dignità, la sicurezza del lavoro ci dà la dignità». «Questo è un problema mondiale – ha aggiunto – che dipende da tanti fattori e conservare il lavoro è avere dignità, portare il pane e portarlo non dalla Caritas ma perché lavoro, e farlo bene, è dignità».

Altra parola usata dal pontefice è «famiglia». «La seconda parola che mi viene in mente di dirvi – ha continuato il Papa – è famiglia. Quando io so che una famiglia vostra è in crisi e ci sono i bambini che si angosciano perché la famiglia è in crisi, io soffro. Lasciatevi aiutare. Per favore, fatevi aiutare, chiedete aiuto in tempo. Custodire le famiglie. Io so che tra voi ci sono alcuni separati e soffro con voi», «quando i genitori litigano i bambini soffrono. Vi do un consiglio: mai litigare davanti ai bambini. Custodire la famiglia. La famiglia! La famiglia, questo è il gioiello grande perché Dio ha creato la famiglia. Fecondi, andate avanti».

«Chiacchiere». Il santo padre è anche tornato su un tema molto caro, quello delle chiacchiere, da lui sempre assimilate al terrorismo. E lo ha fatto anche in questa occasione. «Non fate il terrorismo delle chiacchiere, per favore! Come possiamo fare per non chiacchierare? Ma mordetevi la lingua!», ha detto Francesco.

A chiudere la riflessione, una parola che spesso è difficile da pronunciare: il «perdono».
«Perdono e scusa la quarta parola, perché noi non sempre diamo buon esempio: parlo della fauna clericale” – ha detto Francesco – Ci sono sbagli nella vita che facciamo noi chierici, peccati, ingiustizie, trattiamo un po’ male la gente, a volte siamo nevrotici. Per questo chiedo perdono».

Poi prima della benedizione finale, il Papa ha invitato nuovamente a custodire lavoro, famiglia, la lingua e ringraziando tutti i presenti dell’aiuto dato.

Giovanna Manna

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