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Nei fondali marini compresi tra l’isola di Panarea e l’isolotto di Basiluzzo sono stati individuati ben 200 camini vulcanici, che i ricercatori chiamano area di “smoking land”, che per estensione non ha eguali in tutto il Mediterraneo.

Scoperta che arriva grazie ad una serie di studi e di analisi compiuti da gruppo di ricercatori dell’Istituto di Scienze Marine del Consiglio Nazionale delle Ricerche (ISMAR-CNR), Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA) e Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV), in collaborazione con la Marina Militare, Università di Messina e di Genova e l’Istituto per l’ambiente marino costiero (Iamc-Cnr). Una task force di scienziati, biologi e sommozzatori che hanno individuato il sito idrotermale che potrebbe cambiare l’approccio agli studi del Mediterraneo e fornire nuovi strumenti per la prevenzione sul fronte delle attività vulcaniche.

Decine di strutture a forma di cono, sono composte da ossido di ferro, dall’altezza variabile tra 1 e 4 metri e dal diametro anche di 3 metri, alcuni dei quali emettono anidride carbonica che testimonia un’attività in corso.

La scoperta nasce da un’intuizione dell’oceanografo Giovanni Bortoluzzi ripresa da alcune indagini dell’ Ingv seguite a un’attività molto attiva che si verificò nel 2002. Da allora, a bordo dell’Astrea e dell’Ispra, le navi utilizzate per scandagliare i fondali dell’arcipelago delle Eolie, si è andati alla ricerca della fonte del misterioso fenomeno.

Nel 2015 un robot filoguidato è riuscito ad individuare la zona.

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