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Secondo un recente studio americano, pubblicato sul “Journal of the Academy of Nutrition and Dietetics” e condotto su un campione di 1.482 bambini statunitensi dai 6 ai 36 mesi, è emerso che per la maggior parte dei lattanti americani lo svezzamento avviene precocemente. Attraverso l’analisi trasversale dei dati ricavati dalla National Health and Nutrition Survey 2009-2014, si è scoperto che il 16,3% dei lattanti comincia prima del compimento del 4° mese, il 38,3% tra 4 e 6 mesi, il 32,5% tra 6 e 7 mesi, mentre il 12,9% inizia lo svezzamento più tardi, dopo i 7 o più mesi di vita. Solo il 32,5% dei bambini incomincia ad assumere alimenti nel momento raccomandato, ovvero intorno ai 6 mesi.

Una scelta che ha delle conseguenze, perché introdurre alimenti diversi dal latte prematuramente, può far perdere al bambino la possibilità di assumere alcune sostanze nutritive, fondamentali per la sua crescita.

“Anche in Italia, avviene lo stesso. Ci sono genitori che sottovalutano l’importanza di iniziare lo svezzamento nel momento giusto – spiega il dottor Giuseppe Di Mauro, Pediatra di famiglia, membro dell’Osservatorio Sanpellegrino, Presidente SIPPS, Società Italiana di Pediatria Preventiva e Sociale, che sottolinea che – non bisogna quindi avere fretta. Il momento d’oro, per introdurre i cibi solidi è intorno ai 6 mesi di vita”.

“Se è allattato al seno, non ha di norma bisogno di altre integrazioni di liquidi a patto che la mamma attacchi il bebè ogni volta che lo desidera. L’allattamento al seno è da preferire, ma se non è possibile e il bambino è nutrito con latte formulato, in mancanza del latte materno sono particolarmente adatte per diluire la polvere, le acque oligominerali, cioè quelle con un basso contenuto di sali. A partire dallo svezzamento, invece, – spiega il Dottor Alessandro Zanasi, esperto dell’Osservatorio Sanpellegrino e membro della International Stockholm Water Foundation – è possibile iniziare ad offrire acqua al bambino, preferibilmente acque minimamente mineralizzate (residuo fisso

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