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Sindrome dell’uomo di pietra, come riconoscerla dai primi sintomi. Una terapia per prevenirla

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La FOP (Fibrodisplasia ossificante progressiva), nota anche come sindrome di Münchmeyer, è una malattia genetica molto rara, in cui i tessuti connettivi e di supporto si trasformano nel tempo in osso. L’ossificazione inizia intorno ai dieci anni di età ed è associata alla mutazione di un particolare gene. I primi casi furono registrati già nei secoli XVII e XVIII.

La Fibrodisplasia Ossificante Progressiva (FOP), nota anche come Miosite Ossificante Congenita, o Sindrome dell’Uomo di Pietra, è una malattia genetica del tessuto connettivo caratterizzata da un anomalo sviluppo di ossa, tendini, legamenti e muscoli.

I bambini affetti da FOP sembrano normali alla loro nascita, fatta eccezione per le malformazioni congenite che presentano agli alluci (alluce valgo, malformazione del primo metatarso e/o monofalangismo). Durante la prima decade di vita, poi vanno incontro a tumefazioni (riacutizzazioni) dolorose a livello dei tessuti molli, spesso dovute a lesioni, iniezioni intramuscolari, infezioni virali, stretching muscolare, cadute o affaticamento.

Riacutizzazioni che trasformano i muscoli scheletrici, i tendini, i legamenti, le fasce e le aponeurosi in osso eterotopico, rendendo impossibile il movimento.

Tale patologia viene scatenata da un’alterazione del recettore di una proteina legata ai processi di ossificazione in risposta a determinati stimoli come un trauma, un’infezione o una lesione, trasformando muscoli, tendini e legamenti in ossa.

Oggi i farmaci utilizzati sono: benzodiazepine, baclofene, che raramente è del tutto efficace. Il diazepam rappresenta l’unico farmaco in grado di diminuire in modo consistente la rigidità muscolare; tuttavia può accentuare la depressione nel soggetto, e dare tolleranza e dipendenza. Inoltre, possono essere somministrati corticosteroidi e immunomodulatori.

L’anticorpo monoclonale rituximab ha prodotto buoni risultati in certi casi, ma è somministrato solo in casi gravi, dato il rischio di effetti collaterali.

Una nuova speranza arriva però da una cura sperimentale, partita all’ospedale pediatrico Gaslini di Genova, primo centro mondiale a somministrare un farmaco in grado di bloccare l’insorgenza della fibrodisplasia ossificante progressiva.

Una terapia che si concentra su di un anticorpo monoclonare che dovrebbe non solo prevenire ulteriori ossificazioni nei malati ma anche dare la possibilità di rimuovere le ossificazioni esistenti senza che queste si riformino.

Giovanna Manna

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