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Il nostro Paese non è ancora allineato completamente agli standard europei e si stima che 1 milione di pazienti, per quanto riguarda la cardiologia interventistica, non abbia ancora accesso alle procedure ‘senza cicatrici’, le cosiddette tecniche interventistiche percutanee mini-invasive. Nonostante evidenze scientifiche dimostrino che sono sicure ed efficaci, ancora un terzo dei pazienti non vi ha accesso, per mancata applicazione delle raccomandazioni internazionali con significative disparità territoriali al livello regionale con il Servizio Sanitario Nazionale.

Al congresso “Think Heart with GISE”, organizzato dalla Società Italiana di Cardiologia Interventistica si è scoperto che sono 4 le procedure chiave tra le quali è presente un enorme divario: l’impianto transcatetere della valvola aortica (Tavi), la riparazione della valvola mitrale con la tecnica percutanea, la chiusura dell’auricola sinistra, la valutazione della riserva frazionale di flusso.

Per quanto riguarda la Tavi, secondo i dati raccolti dai ricercatori emerge che questo approccio, con cui sono stati trattati circa 5mila pazienti, abbia una diffusione più rallentata rispetto ad altri paesi europei (75 impianti per milioni di abitanti vs 180 in Francia/Germania), con una maggiore penetrazione soprattutto al Nord. Mentre per quanto riguarda la riparazione transcatetere della valvola mitralica, fino ad oggi hanno potuto beneficiarne più di 4.500 pazienti di cui circa 900 nel 2017, dato molto basso rispetto ad altri paesi europei. Per la chiusura dell’auricola sinistra, importantissima perché nei pazienti con fibrillazione atriale non valvolare potrebbe prevenire il rischio di ictus, nel 2017 sono state eseguite 746 procedure, 5,2 volte meno rispetto ad esempio alla Germania.

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