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Stabilire quanto tempo ci resta da vivere è, da tempo, una delle grandi sfide della ricerca. L’ultimo studio condotto da un team americano dell’Università di Yale, grazie a nove marker biologici presenti nel sangue, rivela di riuscire a valutare la speranza di vita di una persona, identificando una serie di fattori di rischio nel suo stile di vita.

I ricercatori si basano nel loro studio su nove biomarcatori del sangue per calcolare l’età biologica di una persona, che viene poi confrontata all’età reale, ovvero quella anagrafica.

A darne notizia è il Guardian, che cita i dati raccolti dallo studio, diffusi online su Biorvix, sito che offre la possibilità di una pre-pubblicazione prima della ‘peer review’ (la revisione tra pari), consentendo ad altri scienziati di vedere, discutere e commentare immediatamente i risultati. Se questa età biologica (o fenotipica) è più alta di quella reale, l’individuo invecchia più velocemente della media e presenta dunque più rischi di contrarre malattie e morire prematuramente.

Infatti, gli scienziati hanno osservato che più l’età biologica era alta rispetto a quella reale, più era alto il rischio di morire prematuramente: tra i 50 e i 64 anni, un quarto di quelli che invecchiavano più velocemente è morto nei dieci anni successivi contro un quinto di quelli che invecchiavano più lentamente tra 65-84 anni.

Inoltre, c’è di più. Sempre secondo quanto riportato dal Guardian, gli scienziati hanno anche constatato che le donne sembravano invecchiare più lentamente.

Tale test, essendo in grado di rilevare l’età biologica, può anche fornire informazioni future sulla salute e morte delle persone, su
ciò che sta contribuendo al loro invecchiamento.

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