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E’ stato diffuso un primo elenco di nomi di chi sapeva la possibile condizione di pericolosità del ponte Morandi, crollato a Genova lo scorso 14 agosto, provocando la morte di 43 persone, e facendo decine di feriti anche gravi.

Elenco consegnato dalla Guardia di finanza alla procura. Un elenco
con i nomi delle persone che sapevano e che potrebbero avere responsabilità circa la manutenzione del viadotto genovese crollato un mese fa.

Persone che hanno seguito il progetto di ristrutturazione a partire dal 2015, a cui potrebbero essere aggiunti altri nomi, fino ad arrivare a 25 se i magistrati decidessero di andare indietro ancora nel tempo.

A darne notizia diversi organi di stampa nazionale.

Nell’elenco della Gdf figurerebbero dirigenti di Autostrade, Spea e Ministero.

Le persone che secondo la Gdf sapevano della pericolosità del viadotto Morandi in Autostrade sono: Fabio Cerchiai (presidente), Giovanni Castellucci (Ad), Paolo Berti (direttore centrale operazioni), Michelle Donferri Mitelli (direttore maintenance e investimenti), Stefano Marigliani (direttore primo tronco). «Al Mit consapevoli dei ritardi» ci sono tre di Spea engineering, controllata da Autostrade che avrebbe dovuto eseguire la ristrutturazione ai tiranti: Antonio Galatà (amministratore delegato), Massimo Bazzarelli (coordinatore attività progettazione ufficio sicurezza), Massimiliano Giacobbi (responsabile progetto «retrofitting» dei tiranti).

Cinque i funzionari pubblici, tre della Direzione generale per la vigilanza sulle concessioni autostradali (Roma): Vincenzo Cinelli (capo), Bruno Santoro (responsabile controlli qualità servizio autostradale), Giovanni Proietti (capo divisione analisi e investimenti).

E ancora, il Provveditore alle opere pubbliche di Liguria e Piemonte Roberto Ferrazza e il capo ufficio ispettivo territoriale Carmine Testa.

Dallo scambio di comunicazioni tra le due articolazioni del Mit, hanno appurato gli inquirenti, si comprende anche come pure al Ministero ci fosse certezza che sul Morandi si stava perdendo troppo tempo.

Intanto i periti dei pm hanno consegnato una prima relazione sulle probabili cause del crollo attribuendole a un “cedimento strutturale” all’antenna del pilone 9, il punto in cui i tiranti si congiungono all’estremità del sostegno. E studiando i carteggi tra le varie diramazioni del ministero delle Infrastrutture, gli investigatori hanno individuato come almeno in un’occasione i dirigenti del Mit avessero palesato la certezza che sul restyling del Morandi i tempi si stessero dilatando oltremisura.

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