Obesità e disturbi alimentari: la famiglia è la prima arma di prevenzione

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Il ruolo della famiglia come strumento di prevenzione dei disturbi alimentari e come luogo privilegiato di apprendimento dell’educazione alimentare attraverso la comunicazione, l’importanza dei primi 1000 giorni di vita, dall’allattamento ai due anni, nello sviluppo psico-fisico del bambino e la funzione fondamentale della prevenzione a tavola nel combattere l’obesità in età pediatrica e giovanile: sono solo alcuni dei temi trattati nel convegno nazionale che si è tenuto alcuni giorni fa a Bologna, dal titolo “La salute si impara da piccoli. Corretti stili di vita per #CrescereInSalute” dedicato all’educazione alimentare nell’infanzia e adolescenza. Manifestazione che è stata organizzata da UniSalute, compagnia del Gruppo Unipol, leader nell’assicurazione sanitaria.

Professori e ricercatori italiani, il divulgatore scientifico Marco Bianchi e la Responsabile Market Intelligence di Nomisma SpA Silvia Zucconi, insieme all’Amministratore Delegato di UniSalute Fiammetta Fabris, si sono confrontati sul tema dell’obesità infantile e della prevenzione a tavola di fronte ad una platea gremita dell’Oratorio San Filippo Neri. Un’importante occasione di confronto scientifico con lo scopo di dare vita a pratiche cliniche ma anche sostegno sociale alle famiglie, attraverso strumenti per la prevenzione e la cura, per combattere le cattive abitudini alimentari e la vita sedentaria dei più giovani.

Per questo motivo UniSalute e Nomisma hanno avviato GENZ Monitor, osservatorio che ha analizzato gli stili di vita dei giovani di età compresa tra i 6 e i 19 anni in tutta Italia, attraverso la valutazione dei comportamenti alimentari, dell’utilizzo del tempo libero e della sensibilità che manifestano nei confronti dell’ambiente. Lo studio ha rilevato una corretta abitudine ai 5 pasti giornalieri, con alto consumo di pasta cosa molto diversa per quanto riguarda l’apporto di frutta e verdura – in una giornata “normale” il 14% dei bambini 6-11 anni non consuma frutta in nemmeno una occasione, quota che sale al 32% per la verdura. Una situazione questa che va certamente peggiorando tra i ragazzi più grandi (18% di no user di frutta tra gli studenti della Secondaria e 21% di no user di verdura). Stupisce invece il dato sull’attenzione allo spreco: l’82% degli bambini è attento a conservare il cibo che avanza, così come l’89% degli studenti delle Secondarie. Un’attenzione a non sprecare non si limita dunque al cibo: il 63% dei bambini presta attenzione a spegnere la luce quando esce dalla stanza (67% tra i ragazzi 11-19) e a chiudere il rubinetto mentre si lava i denti (71% dei bambini lo fa sempre, percentuale che scende al 54% tra i ragazzi).

Seguire le regole di una corretta alimentazione già nei primi anni di vita è fondamentale per prevenire sovrappeso e obesità e quindi l’insorgere di patologie in età adulta. Ne ha parlato il prof. Andrea Pession, Direttore Responsabile Pediatria Policlinico Sant’Orsola Malpighi Bologna. Oggi non si raccomanda più un approccio dietetico-restrittivo, ma una strategia di tipo cognitivo-comportamentale. Dunque non più solo diete restrittive, ma un’educazione terapeutica centrata sulla famiglia che porti alla riduzione del peso attraverso il cambiamento dello stile di vita. Ciò è possibile grazie a colloqui motivazionali con lo scopo di combattere non solo le cattive abitudini a tavola ma anche quella serie di comportamenti in famiglia e di dannose rappresentazioni mentali legate all’obesità. Potenziando proprio le competenze familiari sul tema. Un ambiente psicologicamente sano difende il bambino dall’insorgenza di patologie stigmatizzanti.

I disturbi alimentari cronici rappresentano un vero e proprio disturbo della relazione che nasce all’interno della famiglia e si sviluppa in ogni contesto della vita. “Patologie della comunicazione”, così definisce i disturbi alimentari il prof. Emilio Franzoni, Direttore Responsabile Neuropsichiatria infantile del Policlinico Sant’Orsola Malpighi di Bologna. La tavola non è solo luogo di aggregazione ma di relazione, è il momento che riunisce tutta la famiglia, in particolare a fine giornata, il momento per ascoltare e ascoltarsi, per raccontarsi.

Spesso però l’ambiente familiare è proprio quello in cui non ci si parla, non ci si relaziona, rimanendo attratti e distratti dalla tv. Come evidenziano i risultati di un questionario somministrato a 160 bambini tra i quali solo 4 hanno confermato di cenare senza la televisione accesa. Un piccolo esempio ma molto significativo. E non trovando altra strada per attirare a sé attenzione o per risolvere una sofferenza interna lo strumento diventa farsi del male, mettendo in atto devastanti pratiche di alimentazione e un rapporto con il peso e con il proprio corpo che esula dalla realtà. Ma si può guarire completamente, soprattutto attraverso la ricostruzione del legame spezzato con la famiglia e la conseguente rieducazione alimentare.

I “Primi 1000 giorni di vita”, dal concepimento al compimento del secondo anno, ma anche il periodo immediatamente precedente il concepimento, giocano un ruolo fondamentale nel benessere del bambino e dell’adulto che sarà. È infatti il periodo di sviluppo in cui la plasticità è massima e risente positivamente (o negativamente) dell’ambiente (stili di vita, comportamenti, fattori di stress, inquinamento) che circonda i futurigenitori, la madre e l’infante. È ciò che afferma il prof. Sergio Pecorelli, Professore ordinario di Ginecologia e Ostetricia all’Università degli Studi di Brescia e Presidente della Giovanni Lorenzini Medical Foundation, che promuove il “progetto 1000 giorni”, un modello che prevede programmi di valutazione clinico-molecolare dell’individuo, attività di educazione/formazione personalizzata, utilizzo di dispositivi portatili per il monitoraggio in real-time dei parametri clinici.

Giovanna Manna

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