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Tinture per capelli e liscianti chimici fanno veramente venire il cancro al seno?

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I prodotti per capelli fanno salire il rischio di cancro al seno. Accade ciclicamente che il quesito torni di attualità, ma le indagini condotte finora non sono riuscite a fare chiarezza in modo definitivo. Alcune si basano su test fatti su animali, altre hanno preso in considerazione popolazione sana e con tumore, e in generale ad oggi gli esiti appaiono contrastanti e in gran parte dipendenti dal tipo di prodotti utilizzati (alcuni effettivamente contenenti sostanze cancerogene). L’ultimo studio in materia, pubblicato un anno fa sulla rivista scientifica Carcinogenesis, aveva tentato di dare ulteriori risposte: «I risultati della ricerca sembrano indicare che ci sia effettivamente un legame fra tinture, prodotti liscianti e carcinoma mammario, ma – sottolineano gli stessi autori della ricerca – si tratta di dati parziali, per cui sono necessarie ulteriori indagini prima di dare una risposta definitiva». Cerchiamo allora di capirci di più con l’aiuto di Stefania Gori, presidente dell’AIOM, l’Associazione Italiana Oncologia Medica e direttore del Dipartimento di Oncologia al Cancer Care Center dell’ospedale Sacro Cuore-Don Calabria di Negrar (Verona).

“Uno studio condotto negli Stati Uniti, precisamente a New York e nello stato del New Jersey, ha incluso oltre 4mila donne (sia bianche che afroamericane) di cui 2.280 con tumore al seno e 2.005 senza tumore. Lo studio ha esplorato l’eventuale associazione tra il diverso uso di prodotti per capelli (tinture, liscianti chimici e balsami contenenti colesterolo e placenta) e il rischio di cancro alla mammella. Gli autori sostengono che, tra le donne afroamericane, l’uso di tinture scure è associato ad un aumento del 51 per cento del rischio di carcinoma mammario. Tra le donne bianche, invece, l’uso di liscianti è associato a un aumento del rischio del 74 per cento, e tale rischio risulta ulteriormente aumentato se si utilizza una combinazione di liscianti e tinture”.

Alla domanda di quali siano i meccanismi che legano tinture e cancro al seno, l’esperta risponde: “I meccanismi non sono noti – dice l’esperta -. L’ipotesi avanzata è che i prodotti per capelli possano contenere sostanze cancerogene come ad esempio le ammine aromatiche che, se assorbite dall’organismo, potrebbero determinare danni al DNA e favorire lo sviluppo di tumori. Inoltre i prodotti per capelli potrebbero contenere fonti di estrogeni o di sostanze che interferiscono con la regolazione ormonale e un’eccessiva esposizione agli estrogeni rappresenta un fattore di rischio per il tumore al seno. Ma in questo studio non sono stati valutati i componenti dei prodotti per capelli presi in esame, per cui non c’è una risposta definitiva”.

“Per il momento le informazioni disponibili non consentono di stabilire se il pericolo possa essere collegato a sostanze specifiche contenuti nei prodotti utilizzati – spiega Gori -. Anche se questo studio suggerisce una possibile correlazione tra liscianti, tinture e tumore al seno, ci sono altri studi che non hanno osservato alcun tipo di collegamento. È quindi necessario proseguire la ricerca in questo ambito per fare maggiore chiarezza. Nel frattempo è consigliabile un uso responsabile dei prodotti per capelli e in generale dei prodotti cosmetici, prestando attenzione alla composizione di quello che si acquista ed evitando usi troppo frequenti”.

“Le probabilità di sviluppare un carcinoma della mammella aumentano con l’avanzare dell’età – chiarisce ancora Gori -: la probabilità di sviluppare il cancro al seno è del 2,4% fino a 49 anni (1 donna su 42), del 5,5% tra 50 e 69 anni (1 donna su 18) e del 4,7% tra 70 e 84 (1 donna su 21). La curva di incidenza cresce esponenzialmente sino agli anni della menopausa (intorno a 50-55 anni), in seguito rallenta, per poi riprendere a salire dopo i 60 anni: un andamento legato sia alla storia endocrinologica della donna sia alla presenza dei programmi di screening mammografico. Ci sono poi fattori riproduttivi: una lunga durata del periodo fertile, con un menarca precoce e una menopausa tardiva e quindi una più lunga esposizione dell’epitelio ghiandolare agli stimoli proliferativi degli estrogeni ovarici, fanno lievitare il rischio. Così come il non avere figli, una prima gravidanza a termine dopo i 30 anni, il mancato allattamento al seno”.

Giovanna Manna

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