La mammografia in 3D permette di individuare oltre il 34% in più dei tumori rispetto all’esame tradizionale. A evidenziarlo è uno studio condotto in Svezia e apparso sull’autorevole rivista Lancet Oncology che ha esaminato ben 15.000 donne per un periodo di cinque anni.
In Italia la mammografia in 3d inizia ad essere diffusa in numerosi centri radiologici, anche se non è ancora utilizzata per gli screening sulla popolazione femminile over 50.
Nello screening mammografico tradizionale, tutto il tessuto mammario viene catturato in un’unica immagine. La tomosintesi del seno, ovvero la mammografia in 3D, invece cattura diverse immagini a raggi X da diverse angolazioni che vengono ricostruite da un computer per mostrare sottili strati del seno, fornendo maggiori e migliori informazioni sull’immagine. Lo studio condotto dalla Lund University e dallo Skåne University Hospital di Malmo, tra il 2010 e il 2015, conferma su ampia scala i risultati di un’indagine italiana su Radiology.
“Utilizzando l’esame in 3D, il 34% in più di tumori del cancro è stato rilevato rispetto allo screening mammografico standard corrente. Allo stesso tempo, siamo stati in grado di ridurre la compressione del seno durante l’esame, cosa che potrebbe incoraggiare un maggior numero di donne a partecipare allo screening”, spiega Sophia Zackrisson, professore associato presso Lund University. In particolare l’esame è stato in grado di trovare tumori più invasivi ma è anche collegata a un aumento di falsi positivi.
“La mammografia in 3D è il metodo più appropriato per lo screening del cancro al seno. Quando verrà reso disponibile per tutte le donne è solo una questione di tempi”, afferma Zackrisson.
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