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Buone notizie dal campo scientifico della lotta al tumore al seno. La doxiciclina, antibiotico della classe delle tetracicline e comunemente impiegato nel trattamento dell’acne, come quanto pubblicato sulla rivista internazionale Frontiers in Oncology, potrebbe essere presto impiegato nel trattamento del trattamento del tumore al seno.

A renderlo noto è l’Azienda ospedaliero universitaria pisana che ha collaborato a uno studio italo-britannico con l’Ateneo di Pisa e la University of Salford di Manchester, in collaborazione con Fondazione Pisana per la scienza. “Gli antibiotici – spiega una nota dell’Aoup – oltre a uccidere i batteri, hanno un effetto distruttivo anche sui mitocondri, le ‘centrali elettriche’ delle cellule, di cui sono molto ricche le cellule staminali neoplastiche, responsabili dell’origine del tumore e delle recidive locali, della resistenza alle terapie e delle temute metastasi a distanza”.

La ricerca clinica condotta su 15 donne affette da carcinoma della mammella in stadio precoce e ha evidenziato, dopo solo 14 giorni di trattamento antibiotico, ha evidenziato una riduzione significativa (in media di circa il 40%) del numero delle cellule staminali neoplastiche. I ricercatori studiavano da tempo questo effetto in modelli tumorali ‘in vitro’ riconoscendo come l’antibiotico doxiciclina fosse capace di eradicare le cellule staminali neoplastiche in otto diversi tipi di tumore, compreso il carcinoma della mammella.

La doxiciclina è stata somministrata in 9 pazienti (braccio sperimentale), mentre ulteriori 6 pazienti sono state inserite come braccio di controllo: le prime hanno assunto l’antibiotico per i 14 giorni antecedenti l’intervento chirurgico, a una dose giornaliera standard di 200 mg, mentre le altre sono state sottoposte direttamente a terapia chirurgica. I tumori delle pazienti sperimentali, spiega l’Aoup, “dimostravano una diminuzione significativa nel marcatore di staminalità, compresa tra il 17.65 e il 66,67% e dati simili sono stati osservati anche con un secondo biomarcatore di staminalità: i risultati suggeriscono che se è possibile inibire il metabolismo mitocondriale, è dunque possibile eradicare le cellule staminali neoplastiche e l’arruolamento di nuovi pazienti potrà permettere di confermare nei prossimi mesi questi primi risultati molto promettenti”.