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La psoriasi è una malattia che colpisce il 3% della popolazione mondiale e nel 10-20% dei casi può presentarsi in forma grave o medio grave. In Italia soffre di questa patologia autoimmune circa il 3-4% della popolazione pari a circa 2,5 milioni di persone. “La psoriasi – spiega Piergiacomo Calzavara Pinton, presidente della Società italiana di dermatologia medica, chirurgica, estetica e delle malattie sessualmente trasmesse (Sidemast) – è una malattia della pelle molto diffusa, e colpisce ad ogni età, dall’infanzia fino alla tarda età. Ha un andamento cronico con delle recidive, e si presenta prevalentemente con una forma che colpisce le superfici di ginocchia e gomiti o la testa, ma può apparire anche in altre parti del corpo”.

“È molto importante tener presente – aggiunge ancora lo specialista – che la psoriasi è una malattia sistemica con un coinvolgimento articolare molto frequente, ma spesso si associa anche ad una sindrome metabolica, ovvero l’aumento di peso e il rischio cardiovascolare aumentato, a fenomeni di tipo depressivo in alcune persone, e quindi il paziente va inquadrato nella sua interezza”. “La psoriasi è una malattia non infettiva né contagiosa – avverte Ketty Peris, direttore Dermatologia della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli Irccs di Roma – ma è una malattia infiammatoria cronica, quindi mediata dal sistema immunitario. La forma più frequente, la cosiddetta psoriasi a placche che viene detta lieve quando prende meno del 10% della superficie corporea, moderata-severa quando ha un ‘Pasi’ (ovvero
un sistema che si utilizza per valutare la gravità della malattia) maggiore di 10”.

“Oggi – afferma Francesco Cusano, presidente dell’Associazione dermatologi ospedalieri italiani (Adoi) – l’obiettivo principale è quello di perseguire con i farmaci moderni è di ottenere il cosiddetto Pasi 90, ovvero un miglioramento fino al 90% o del 100%, quindi una tenuta completamente pulita della pelle. In questo ambito gli ultimi ritrovati, tra cui il risankizumab che è un’anti-interleuchina 23, sembrano estremamente promettenti e fra pochi mesi quando saranno a disposizione di tutti, potranno sicuramente darci una grossa mano nell’ottenere grossi risultati permanenti e duraturi nel controllo di questa patologia”.

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