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Uno studio condotto dal Centro internazionale per la ricerca sui tumori dell’Oms su dati raccolti da oltre 70 istituti scientifici nel mondo rivela infatti che esistono nuovi aspetti della malattia sinora non considerati. La pubblicazione vuole mettere in risalto soprattutto le importanti variazioni di sopravvivenza che avvengono tra i malati di cancro nei vari Paesi del mondo e tra i diversi gruppi sociali.

Lo studio condotto fa emergere che di fronte al cancro non siamo tutti uguali. Le differenze sociali incidono sui fattori di rischio e sulla probabilità di sviluppare la malattia, sulla diagnosi e sui trattamenti oltre che sull’accesso alle cure palliative.

Salvatore Vaccarella, ricercatore e coordinatore dello studio, sostiene infatti che «le disuguaglianze sociali di fronte al cancro si evolvono e cambiano nel tempo, a causa di fattori sociali economici, politici, legislativi e tecnologici e toccano in particolare le persone più svantaggiate». Dunque, mentre, gli abitanti dei Paesi più sviluppati hanno maggiore possibilità di ammalarsi di cancro a causa dei fattori di rischio legati all’ambiente e agli stili di vita, il tasso di mortalità è più alto tra chi vive nei Paesi in via di sviluppo a causa delle scarse possibilità di diagnosi e di trattamenti immediati. Basti pensare che solo il 25% della popolazione mondiale ha accesso alla chirurgia anticancro di base. Le popolazioni più a rischio sono però gli autoctoni, le minorante etniche e i rifugiati.

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