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I pazienti affetti da malattia di Crohn (CD) con livelli sierici di farmaco (vedolizumab) più elevati sperimentano tassi migliori di remissione endoscopica. E’ quanto emerge da uno studio pubblicato di recente su Gastroenterology.

Geert D’Haens, del dipartimento di gastroenterologia ed epatologia presso l’Amsterdam UMC, e colleghi hanno cercato di analizzare gli esiti istologici endoscopici in pazienti con CD trattati con vedolizumab per 52 settimane scoprendo che appunto, tassi migliori di remissione endoscopica si avevano proprio in presenza di livelli sierici più elevati di vedolizumab.

“Sebbene l’efficacia e la sicurezza della terapia di induzione e mantenimento di vedolizumab nel CD siano state confermate in coorti reali, sono disponibili solo dati limitati sulla remissione endoscopica e istologica”, hanno scritto gli autori.
“La remissione endoscopica è un obiettivo importante del trattamento della malattia di Crohn, che è associato a migliori risultati clinici, tra cui ridotti tassi di ospedalizzazione e chirurgia”.

I ricercatori hanno condotto uno studio comprendente 110 pazienti con CD attivo, definito come CD Activity Index (CDAI) con punteggi superiori a 220 e ulcerazioni della mucosa.

L’88% dei pazienti aveva precedentemente subito un trattamento anti-TNF. I pazienti hanno ricevuto infusioni di vedolizumab 300 mg in aperto alle settimane 0, 2 e 6, e successivamente ogni 8 settimane fino alla settimana 52.

Qualsiasi paziente con Malattia di Crohn che non avesse avuto una riduzione del punteggio CDAI di almeno 70 punti alla settimana 10 ha ricevuto un’infusione aggiuntiva per quella settimana.

I pazienti sono stati sottoposti a ileocolonoscopia al basale e alle settimane 26 e 52. I ricercatori hanno valutato la risposta endoscopica utilizzando l’indice endoscopico semplice per CD (SES-CD) e hanno valutato le caratteristiche istologiche alla settimana 26.

D’Haens e colleghi hanno scoperto che 36 pazienti erano in remissione libera da corticosteroidi (CDAI

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