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Apnee notturne, costi per 31 miliardi l’anno

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Sono circa 936 milioni le persone che in tutto il mondo soffrono di apnee ostruttive del sonno, dette anche Osas. Una patologia caratterizzata da continui episodi di ostruzione delle vie aeree durante il sonno, che se non trattata può portare a gravi disturbi neuro-cognitivi e cardiovascolari, oltre a comportare ingenti costi, economici e sociali.

A lanciare l’allarme, la prima indagine condotta sull’impatto socio-economico delle Apnee Ostruttive del sonno in Italia, “Cost-of-illness study of Obstructive Sleep Apnea Syndrome (OSAS) in Italy”, da parte di Cergas Sda Bocconi, Centre for Research on Health and Social Care Management, con il contributo di Philips, secondo cui il peso economico della malattia nel nostro Paese ammonta a ben 31 miliardi di euro l’anno.

Sono circa 24 milioni gli italiani (tra i 15 e i 74 anni) affetti da questa patologia, di cui circa la metà soffre della forma moderata-grave (il 27% della popolazione adulta, di cui il 65% uomini). Una patologia, molto diffusa da avere un enorme impatto sia economico che sociale. Dallo studio condotto è emerso che dei 31 miliardi di euro annui stimati, il 60% è costituito dai costi diretti sanitari, il 36% da quelli indiretti (dovuti a morbilità) e il restante 4% da costi diretti non sanitari. E anche le stime sull’impatto sociale della malattia non sono affatto rassicuranti: secondo lo studio, infatti, la perdita della qualità di vita dei pazienti è quantificabile a circa 9 miliardi di euro l’anno.

Gli esperti hanno provato a simulare le possibili conseguenze che potrebbe avere un eventuale incremento dei pazienti diagnosticati e trattati con la ventilazione meccanica a pressione positiva, metodo questo che ha dimostrato un significativo impatto positivo su mortalità, rischio di ictus, incidenti automobilistici e infortuni sul lavoro. Dalle analisi condotte è infatti emerso che sebbene da una parte si verifichi un aumento dei costi diretti sanitari dovuto al numero crescente di diagnosi e trattamenti, dall’altra sarebbe possibile ridurre il rischio di insorgenza (e quindi i costi) delle patologie associate alla Osas, oltre che a recuperare gli ingenti costi associati al perdita della qualità di vita dei pazienti.

Giovanna Manna

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