C’è un nesso che lega l’aumento della sapidità dei cibi che consumiamo al rischio di vedere aumentare i valori della pressione sanguigna. A confermarlo uno studio condotto in Perù, presentato nel in occasione dell’ultimo congresso mondiale di cardiologia, appena conclusosi a Parigi.
Fornendo alla popolazione un insaporitore differente, contenente sodio (75 per cento) e potassio (25 per cento), i ricercatori del centro per la cura delle malattie croniche dell’Università Cayetano Heredia di Lima sono riusciti a determinare un decremento dei valori di pressione sanguigna tanto in chi era già iperteso quanto in coloro che invece avevano valori del parametro nella norma (riducendo così il rischio di sviluppare ipertensione).
L’intervento è stato condotto tra il 2014 e il 2017 in sei villaggi della regione di Tumbes, tutti caratterizzati da elevati livelli di consumo di sale: e dunque con una preoccupante prevalenza di ipertensione, considerata tra i primi fattori di rischio per la salute cardiovascolare.
I ricercatori hanno fornito un insaporitore ai negozi di alimentari, alle mense, ai venditori ambulanti e direttamente alla popolazione. Una miscela contenente sale normale (sodio al 100 per cento) e un prodotto con basso contenuto di sodio (composto da sodio e potassio).
Ai peruviani inseriti nel gruppo di intervento, gli autori dello hanno poi chiesto di utilizzare quest’ultimo in cucina, in modo da determinare una riduzione massima del 35 per cento dell’apporto quotidiano di sodio. All’inizio dello studio e ogni cinque mesi, per un totale di sette volte, gli esperti dello studio hanno rilevato i valori di pressione dei cittadini coinvolti. I risultati sono stati piuttosto eloquenti. Il prodotto sostitutivo del sale ha ridotto sia la pressione sistolica (in media di 1,74 mmHg) che quella diastolica (di 1,252 mmHg) in chi era già iperteso, con un calo significativo (1,23 e 0,72 mmHg) che si è registrato anche tra coloro che avevano valori pressori nella norma all’inizio dello studio.
Dalle loro urine, hanno scoperto una costanza dei livelli di sodio, a fronte di un aumento di quelli di potassio. L’intervento, effettuato senza ricorrere ad alcun farmaco, servito «a evitare l’aggravarsi di casi di ipertensione e la comparsa di nuovi», come sottolinea la ricercatrice Jaime Miranda, esperta di epidemiologia delle malattie croniche non trasmissibili nei Paesi a basso reddito e coordinatrice della ricerca.
Occasione poi questa anche per lanciare un nuovo prodotto sul mercato.