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I tumori delle vie biliari sono un gruppo di neoplasie che colpiscono il fegato e che hanno origine a partire dai dotti biliari. Canali che trasportano la bile dal fegato all’intestino. Si distinguono in base alla posizione di insorgenza in: colangiocarcinomi intraepatici, se si sviluppano all’interno del fegato; colangiocarcinomi perilari se presenti all’ingresso dei dotti biliari e dei vasi sanguigni nel fegato; colangiocarcinomi extraepatici, se nascono all’esterno dell’organo; e, infine, carcinomi della colecisti. In totale sono circa 5000 gli italiani che ricevono ogni anno una diagnosi del genere.

«Mentre per i carcinomi delle vie biliari extra-epatiche i segni e sintomi più comuni sono quelli dell’ittero, colorazione giallastra della pelle e delle sclere oculari (la parte di norma bianca dell’occhio, ndr), urine scure, feci chiare, prurito – spiega Davide Melisi, oncologo al Policlinico di Verona e professore associato di Oncologia all’Università di Verona -. Per i colangiocarcinomi intraepatici i sintomi possono essere meno chiari, ad esempio, con perdita di peso o dolore al fianco destro irradiato posteriormente, ed essere scoperti “per caso” con esami eseguiti per altre ragioni del corpo umano. Così, che in oltre il 60 per cento dei pazienti la diagnosi viene effettuata quando il tumore è già in fase avanzata».

La presenza di ittero costituisce sempre un più che valido segnale per contattare subito il proprio medico di famiglia.

«Esistono alcune patologie del fegato molto ben riconosciute come fattori di rischio per i tumori delle vie biliari – risponde Melisi -: la colangite sclerosante, la litiasi biliare intraepatica, le cisti del coledoco e alcune infestazioni biliari parassitarie (poco comuni però alle nostre latitudini), l’epatite B e C, la cirrosi epatica e l’obesità che fanno lievitare ulteriormente il pericolo di sviluppare un colangiocarcinoma. Altri fattori di rischio sono l’età (due pazienti su tre hanno più di 65 anni) e il consumo di alcol (5-6 drink al giorno aumentano di 2-3 volte il rischio di colangiocarcinoma intraepatico). E’ un tumore abbastanza raro, ma chi rientra nelle categorie davvero a più “esposte al pericolo” (come i pazienti affetti da colangite sclerosante) possono eseguire una risonanza magnetica con colangiopancreatografia e il dosaggio del marcatore tumorale Ca19.9 con cadenza annuale. La sorveglianza nei pazienti a rischio più alto aumenta la probabilità di una diagnosi in uno stadio precoce, quanto la malattia è ancora suscettibile di una resezione chirurgica completa».

Le speranze di guarire da simili neoplasie dipendono sostanzialmente dalla loro localizzazione anatomica e dalla sua estensione al momento della diagnosi. Le statistiche indicano che a 5 anni dalla diagnosi è vivo il 10 per cento dei pazienti, ma se la chirurgia non è possibile la sopravvivenza media può essere inferiore a i 12 mesi. Fattori che possono significativamente ridurre la prognosi sono il coinvolgimento di strutture vascolari, dei linfonodi e la presenza di metastasi in organi a distanza come polmone, ossa, peritoneo o encefalo.

Al momento dice l’esperto si può fare ancora molto «Poco. Occorre, come prima cosa, mantenere un peso forma corretto attraverso una dieta equilibrata e fare esercizio fisico regolarmente, così come limitare l’assunzione di alcolici può certamente aiutare a ridurre il rischio di ammalarsi. E se si viaggia spesso in aree dove le parassitosi (infezioni parassitarie) biliari sono comuni, soprattutto in Asia, ricordarsi di non assumere acqua non purificata o cibi crudi».

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