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In Italia chi si ammala di tumore ha più possibilità di guarire rispetto a chi contrae queste malattie in altri paesi europei.

A dirlo, il rapporto «State of Health in the EU: Italy. Country Health Profile 2019» presentato a Bari.

Lo studio si sofferma sui dati della sopravvivenza a 5 anni dalla diagnosi di malattie oncologiche. Il primo gradino che un malato di cancro deve superare: dopo 5 anni le probabilità di guarire definitivamente si alzano. Bene anche i tassi di sopravvivenza di chi si cura in Italia, piuttosto che altrove.

In particolare il rapporto riferisce che per il tumore alla prostata in Italia la sopravvivenza è pari al 90 per cento contro una media europea dell’87%. Per il cancro ai polmoni è del 16% in Italia e 15 in Europa, per quello al seno 86% in Italia contro l’83 europeo. Infine i dati per il tumore al colon: 64 in Italia e 60 in Europa.

Anche il rapporto annuale dell’Aiom, Associazione italiana di oncologia medica aveva confermato che il cancro non è più un nemico imbattibile. Quasi 3 milioni e mezzo di italiani (3.460.025, il 5,3 per cento) vivono dopo la diagnosi di cancro. Un dato in costante aumento, basti pensare che sono 2 milioni e 244 mila nel 2006, 2 milioni e 587mila nel 2010, circa 3 milioni nel 2015. Il tasso di sopravvivenza medio in generale cresce: il 63% per le donne e il 54% per gli uomini, vivo a 5 anni dalla diagnosi.

Più bassa invece la media eurpea: 57 per le donne e 49 per gli uomini. In Italia almeno un paziente su quattro, pari a quasi un milione di persone, è tornato ad avere la stessa aspettativa di vita della popolazione generale e può considerarsi guarito.

Un risultato ottenuto grazie ad armi sempre più efficaci e alla maggiore adesione ai programmi di prevenzione e cure specialistiche mirate.

Proprio nel rapporto presentato a Bari viene evidenziato che «nel 2017, però, solo il 60 per cento delle donne della fascia di età tra i 50 e i 69 anni si era sottoposto a screening per il tumore al seno nei due anni precedenti. In questo caso la media Ue è più alta: il 61.

Decisamente ancora bassi i tassi di screening per il cancro al collo dell’utero: 40 per cento delle donne tra i 20 e 69 anni che si è sottoposto a screening negli ultimi tre anni. Molto più alta la media Ue: 66 per cento.

Va dunque evidenziato che nonostante la scarsa adesione alle campagne di prevenzione che offrono esami gratuiti, la sopravvivenza in Italia è molto più alta che altrove. Importante sottolineare la necessità di prendere parte ai programmi di screening anche se i casi di cancro sono in diminuzione (371mila nuovi casi nel 2019 contro 373mila del 2018) la prevenzione è la prima arma per sconfiggere la malattia. Dei casi del 2019 sono stimati 42.500 nuovi casi di tumore al polmone.

Accanto alla prevenzione importante anche un corretto stile di vita: circa un terzo dei decessi avvenuti in Italia nel 2017, ovvero 98mila, è attribuibile a fattori di rischio connessi ad una dieta sbagliata, al fumo, all’alcol e scarsa attività fisica.

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