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“Una tassa occulta del 30% sul valore di ogni buono pasto a carico degli esercenti” per cui “tra commissioni alle società emettitrici e oneri finanziari, i bar, i ristoranti, i supermercati e i centri commerciali perdono 3mila euro ogni 10mila euro di buoni pasto incassati che accettano”. E’ questa la recente denuncia che arriva dalle associazioni di categoria che rappresentano le imprese della distribuzione e della ristorazione in Italia: Fipe Confcommercio, Federdistribuzione, ANCC Coop, Confesercenti, FIDA e ANCD Conad che per la prima volta si sono riunite in un tavolo di lavoro congiunto nella sede di Confcommercio, sollecitando “una revisione del codice degli appalti nella pubblica amministrazione”.

“Il sistema – dicono – dei buoni pasto è al collasso e se non ci sarà un’inversione di rotta immediata, quasi tre milioni di dipendenti pubblici e privati potrebbero vedersi negata la possibilità di pagare il pranzo o la spesa con i ticket”.

“Siamo arrivati ad un punto limite di sopportazione”, affermano in una conferenza per cui “siamo pronti a smettere di prendere i buoni pasto” senza una riforma.

Le associazioni spiegano inoltre che “le commissioni sono diventate troppo onerose, insostenibili per gli esercenti”. Accettare i ticket “è ormai una perdita”, sottolineano, ancora.

“Un esercente vende prodotti e servizi per un valore di 8 euro ma ne incassa 6,18 e aggiungendo a queste commissioni altri oneri finanziari, su buoni pasto del valore di 10mila euro, gli esercenti si vedono decurtare 3mila euro”, fanno notare e quindi “bisognerà mettere in discussione l’intero sistema”.

“Entro l’autunno” dovrà arrivare una riforma del sistema dei buoni pasto, chiedono al governo le associazioni di categoria che oggi si sono riunite nella sede di Confcommercio, illustrando anche le azioni che metteranno in campo. “Oggi parte una comunicazione” al Ministero del Lavoro e a quello dello Sviluppo economico, quindi “aspettiamo di essere convocati dal governo per far partire la discussione”. Inoltre, “da oggi incominceremo ad informare anche le persone che frequentano i nostri punti vendita perché alla fine chi potrebbe rimetterci seriamente in questa vicenda sono i consumatori”.

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