Giancarlo Isaia e Enzo Medico dell’Università di Torino, hanno effettuato una ricerca dimostrando che molti pazienti ricoverati in ospedale per covid 19 presentavano una elevata prevalenza di ipovitaminosi D.
Anche un altro studio, pubblicato sulla rivista scientifica Aging Clinical and Experimental Research, sembra dimostrare che bassi livelli di vitamina D e contagi gravi siano correlati, soprattutto in Europa. In sostanza un giusto apporto di vitamina D sembrerebbe aiutare a contrastare meglio il contagio evitando sintomi più gravi.
Una ricerca della Anglia Ruskin University di Cambridge e del Queen Elizabeth Hospital di Londra hanno appurato che in Italia e Spagna, dove il numero di contagi e morti è elevato, la popolazione presenta generalmente livelli di vitamina D più bassi ossia 28 nanomoli per litro (nmol/L) in Italia, 26 in Spagna contro i 45 del Nord Europa. Da un lato ciò potrebbe essere spiegato col fatto che gli anziani non prendono il sole o che l’abbronzatura riduca il tasso di sintesi della vitamina. Nel Nord Europa, ad esempio, dicono gli esperti, molte persone assumono integratori alimentari e la potenza del sole è più bassa, ma i morti sono stati comunque molto meno.
La vitamina D, oltre ad essere assunta attraverso l’esposizione solare, all’incirca un’ora al giorno, per giovare, la possiamo anche recuperare da alcuni alimenti, tipo, il salmone, il latte, i funghi, lo yogurt, il burro, i formaggi grassi, le uova, le verdure a foglia verde, lo sgombro e il cioccolato.
L’assunzione giusta con integrazione è di 10-25 microgrammi al giorno, dicono gli esperti.