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Nature annuncia nuova era della ricerca farmacologica: farmaci multispecifici con meccanismo di induzione di prossimità

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“I farmaci multispecifici – o multi-target – sono identificabili come la nuova frontiera dell’innovazione biofarmaceutica”. Lo riconosce l’autorevole rivista scientifica Nature in un articolo pubblicato ad aprile e realizzato da Raymond Deshaies, Ph.D., Senior Vicepresident della Ricerca Globale di Amgen.

Nell’articolo, Deshaies, a partire da un’analisi delle principali classi di farmaci multispecifici e del loro meccanismo d’azione, offre non solo una prospettiva su quanto il futuro riserva, ma passa anche in rassegna le sfide che devono essere affrontate – e superate – per trasformare in realtà questa innovativa strategia di ricerca.

A differenza dei farmaci “convenzionali” che vanno a colpire un bersaglio specifico della patologia, adattandosi come una chiave su una serratura, i farmaci multispecifici sono progettati per avere meccanismi d’azione innovativi. Un esempio è rappresentato dai farmaci multispecifici con meccanismo di induzione di prossimità: agiscono come “intermediari molecolari” attivando meccanismi biologici specifici per combattere la malattia.

“Nell’ambito delle diverse pipeline biofarmaceutiche, assistiamo alla continua scoperta di farmaci multispecifici in grado di formare connessioni con due o più proteine​​”, ha affermato Deshaies. “Questi farmaci” ha specificato “sono caratterizzati da strutture altamente sofisticate che agiscono come intermediari molecolari: inducendo la vicinanza tra i loro target e gli enzimi naturali o persino le cellule, i farmaci multispecifici sfruttano importanti meccanismi biologici che producono effetti che superano quelli dei farmaci convenzionali. Non si tratta di un semplice miglioramento della progettazione dei farmaci, ma siamo di fronte ad un vero e proprio cambiamento radicale”.

Sono numerosi i meccanismi naturali che i farmaci di induzione di prossimità, possono attivare: da una parte si legano alla proteina bersaglio causa della patologia, dall’altra attivano una cellula o un enzima (effettore) innescando una risposta biologica. Se associati al bersaglio corretto, possono essere progettati per essere versatili su diverse patologie.

In questo ambito, Amgen è in prima linea con l’innovativa piattaforma di induzione di prossimità (IPP), la tecnologia che permette lo sviluppo di farmaci multispecifici “intermediari” in grado di agire potenzialmente sull’85% delle proteine, causa di malattia, che ​​attualmente sono considerate “non colpibili (o modulabili) farmacologicamente”.

In particolare, Amgen si è specializzata nella piattaforma Bispecific Engager (BiTE®): le molecole BiTE® sono anticorpi bispecifici che agiscono attraverso l’attivazione di vicinanza tra le cellule e, nello specifico, promuovono l’avvicinamento dei linfociti T, i killer più potenti nel sistema immunitario, alle cellule tumorali, facendo in modo che i linfociti T riconoscano le cellule maligne e, di conseguenza, le distruggano.

Già approvati e disponibili nel trattamento della leucemia linfoblastica acuta (LLA), gli anticorpi bispecifici BiTE® sono attualmente allo studio per diversi altri tumori, sia ematologici sia solidi. Tra questi, anche neoplasie particolarmente aggressive e difficili da trattare, come il mieloma multiplo, il tumore alla prostata, il glioblastoma e il carcinoma polmonare a piccole cellule. Circa i 2/3 delle molecole presenti nella pipeline di Amgen in Fase 1 sono farmaci multispecifici.

Amgen continua a studiare nuove aree di applicazione dell’induzione della prossimità, tra cui PROTAC® (proteasi chimeriche per bersagli specifici): si tratta di molecole che fanno leva sulle attività enzimatiche – e dunque sulla loro velocità – per colpire proteine ​​non gradite o mutate. Questo ne consente la degradazione da parte di un sistema molecolare fisiologicamente presente nelle cellule chiamato proteasoma.

Giovanna Manna

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