Grazie ad un nuovo trattamento di prima linea per chi soffre di carcinoma renale con metastasi, basato su due farmaci finora utilizzati come monoterapie di seconda linea (nivolumab e cabozantinib), è riuscito a dare ottimi risultati sui pazienti trattati.
A testarlo è stato la Harvard Medical School, che lo ha anche presentato in occasione del convegno della Società europea di oncologia medica (Esmo 2020). I dati indicano, infatti, un netto aumento della sopravvivenza libera dalla progressione dalla malattia, della sopravvivenza globale e del tasso di risposta dell’organismo, tanto che secondo i ricercatori la nuova terapia è confrontabile al farmaco considerato standard nelle cure, il subitinib.
“Il rischio di progressione o di morte è stato ridotto di quasi il 50%, con la morte che è stata ridotta del 40% e il tasso di risposta che è stato raddoppiato – a spiegarlo è Toni K. Choueiri, docente di Medicina dell’Harvard Medical School di Boston”.
I dati indicano che oltre la metà di coloro che prendevano i due farmaci combinati hanno dovuto ridurre la dose di cabozantinib per effetti collaterali, ma solo il 3% ha dovuto interrompere la somministrazione di entrambi a causa della tossicità, rispetto al 9% di chi invece prendeva solo il sunitinib.
Il tasso complessivo di effetti avversi gravi è stato simile, ma chi ha avuto la combinazione dei due rimedi ha avuto una maggiore tossicità epatica. Per quanto riguarda gli effetti collaterali correlati al sistema immunitario, il 19% di chi ha seguito il trattamento sperimentale ha avuto corticosteroidi e solo il 4% ha avuto bisogno di questa categoria di farmaci per più di 30 giorni