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La pandemia di Covid-19 ha dimostrato che il sistema sanitario nazionale è ospedalocentrico: gestione dell’emergenza e gestione del paziente cronico convergono negli stessi centri, e non solo per effettuare una diagnosi o un intervento chirurgico importante, ma anche per l’ordinaria gestione o somministrazione di farmaci. Tale organizzazione, però, non è più funzionale e ha impoverito la medicina del territorio, tenendo ai margini le figure del medico di famiglia e del pediatra di libera scelta, e lasciando il paziente solo nella sua quotidianità dove è la famiglia, nel ruolo di caregiver, a soddisfare i bisogni di assistenza e di coordinamento tra le diverse figure mediche. È questa la questione affrontata oggi da Osservatorio Malattie Rare nel corso dell’audizione presso la 12ª Commissione Sanità del Senato della Repubblica “Potenziamento e riqualificazione medicina territoriale post Covid”.

“Costruire il sistema di presa in carico del prossimo futuro e riorganizzare un sistema sanitario efficiente sono le prime aree su cui è necessario intervenire. C’è poco da inventare, basterebbe censire e diffondere le buone pratiche esistenti ed adattarle al territorio, dove possibile inserendole anche all’interno dei Percorsi Diagnostico Terapeutici Assistenziali per le malattie rare e laddove questi non ci siano, realizzarli seguendo le orme di chi ha già lavorato a un modello”, ha affermato Ilaria Ciancaleoni Bartoli, direttore di Osservatorio Malattie Rare, in audizione.

Individuare e monitorare le reti di assistenza sono un altro ambito da considerare. È vero che per le patologie rare l’accreditamento dei Centri di riferimento è stato fatto molti anni fa, ma non sempre vi è stato un aggiornamento o una verifica. E, soprattutto, non sempre alla definizione dei centri ‘Hub’ è seguita una puntuale organizzazione dei centri ‘Spoke’, ossia quelli più vicini al paziente sul territorio. “La definizione di questa rete, la codificazione dei rapporti tra questi, il reciproco coinvolgimento nei percorsi di presa in carico e la predisposizione di opportuni sistemi di scambio di informazioni e referti in via telematica sono, invece, fondamentali perché vi sia una vera rete che permetta al paziente di accedere al meglio delle conoscenze scientifiche con meno spostamenti possibile – ha continuato Ciancaleoni Bartoli – L’obiettivo, quindi, è avere un sistema organizzato in cui a viaggiare saranno referti e campioni, anche coinvolgendo le Reti di Riferimento Europee, mentre la persona riceve assistenza il più vicino possibile alla propria residenza”.

Il monitoraggio di questa rete è un’azione essenziale e una delle attività previste dal Piano Nazionale Malattie Rare 2013-16 che era privo di una dotazione economica. OMaR più volte ha ribadito l’esigenza di reinserire e finanziare questa attività nel nuovo Piano Nazionale Malattie Rare, un intervento atteso da tempo.

Il coronavirus ha messo in luce anche un’altra problematica, quella dell’uniformità delle cure a domicilio per i pazienti. “Perché vi sia un’assistenza domiciliare efficiente bisognerebbe investire nel personale e nella formazione dello stesso, per poterla garantire in ampie fasce di orario e nei giorni festivi – ha sottolineato il direttore di OMaR – In un contesto di risorse limitate, nonostante i fondi in arrivo per il Recovery Fund, si dovrebbe guardare senza pregiudizio anche al coinvolgimento, previa la definizione di requisiti e controlli ferrei, di soggetti ulteriori rispetto al pubblico come le Associazioni di pazienti più strutturate e il privato. Anche perché questi soggetti già oggi intervengono per tamponare i bisogni insoddisfatti dal sistema pubblico, tanto varrebbe allora istituzionalizzarli, e dunque regolare e controllare il ruolo e l’operato, integrandoli nel sistema”.

Queste e altre attività specifiche suggerite da OMaR, e che potrebbero essere utili negli anni a venire, sono presenti nel documento “Cure territoriali verso un nuovo modello e malattie rare di presa in carico dei pazienti” dell’Alleanza Malattie Rare (AMR).

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