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Ricerca britannica: diagnosi autismo arriva in media a 7 anni, con picchi a 18

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“Un’indagine condotta nel Regno Unito su un campione di 1.047 genitori ha evidenziato come la media di eta’ a cui questi bambini avevano ricevuto una diagnosi di disturbo dello spettro autistico era di 7 anni e 4 mesi, con un picco di 18 anni per il 4% e un’eta’ massima di 40 anni. Una ricerca simile, condotta su 1.420 bambini statunitensi con diagnosi di disturbi dello spettro autistico, ha rivelato che la media di eta’ alla diagnosi e’ stata di oltre 5 anni. Sono dati sorprendenti se consideriamo che siamo nel 2021 e che molto puo’ essere fatto per individuare alcuni campanelli d’allarme che ci consentirebbero di intervenire precocemente su questi disturbi. Gli insegnanti hanno un ruolo molto importante e devono essere sempre coinvolti nel processo di valutazione e di individuazione di questi segnali da portare poi alle famiglie. Dobbiamo ricordare che in adolescenza ‘il dado non e’ tratto’ e molto si puo’ fare”. A parlare e’ Rosaria Ferrara, presidente di Oisma (Osservatorio italiano studio e monitoraggio dell’autismo), intervenuta al secondo degli incontri su ‘Autismo – Proposte operative per l’intervento inclusivo a scuola’ realizzati dall’Istituto di Ortofonologia (IdO) e rivolti agli insegnanti.

La chiave che puo’ aprire la porta alle molte possibilita’ di miglioramento ed evoluzione degli adolescenti con disturbi dello spettro autistico e’ la “plasticita’ cerebrale che- ha chiarito la psicologa- e’ una caratteristica comune a tutti gli esseri umani e potremmo spiegarla cosi’: noi siamo biologicamente determinati per essere indeterminati. Cio’ significa che le nostre reti neuronali possono riassemblarsi di volta in volta ed e’ questa capacita’ che determina la nostra indeterminatezza. Il nostro cervello e’ in continua evoluzione”.

Inclusione/socializzazione, sviluppo di abilita’ e autonomie, sessualita’ sono gli obiettivi sui quali lavorare in adolescenza, ha spiegato Ferrara, con ragazzi con disturbi dello spettro autistico. “Sui primi due- ha precisato l’esperta- la scuola puo’ fare moltissimo. Come? Proponendo un apprendimento che sia accompagnato da emozioni positive che scolpiscono la memoria e vengono ricercate molte altre volte- ha spiegato- L’emozione e’ piu’ potente del sistema cognitivo”.

La presidente di Oisma e’ passata poi a suggerire agli insegnanti una serie di strategie da utilizzare in classe per motivare positivamente i ragazzi autistici all’apprendimento: “Coinvolgerli personalmente e attivamente, fare leva sulle loro abilita’ cercando di stare al passo con la classe e proponendo attivita’ inerenti a quello che stanno facendo i compagni, ovviamente- ha tenuto a specificare- sempre stabilendo livelli di difficolta’ adeguati. Inoltre- ha aggiunto Ferrara- non dobbiamo mai dimenticare che l’apprendimento e’ stimolato in ambienti percepiti sicuri, protettivi, supportivi”.

A proposito delle strategie da utilizzare in classe, la presidente di Oisma ha portato l’esempio di Angelo, un ragazzo con sindrome di Asperger per il quale si sono uniti corpo docente, terapeuta, genitori e compagni di classe con l’obiettivo di rendere la sua esperienza scolastica positiva e proficua. All’inizio delle scuole medie, i genitori e la terapeuta hanno incontrato i docenti e con loro hanno deciso di spiegare alla classe le difficolta’ e la particolare sensibilita’ sensoriale di Angelo, fatta di fastidio per certe tonalita’ della voce, disgusto per certi odori, paura per determinati rumori.

Con l’aiuto di un’insegnante in particolare, i ragazzi hanno vissuto un processo di immedesimazione con il loro compagno e una volta a settimana mangiavano ‘la merenda di Angelo’, scegliendo dunque tra i pochi alimenti graditi al ragazzo. Chi decideva di mangiare qualcosa di diverso dagli alimenti ‘accettati’ viveva cosi’ l’esperienza di sentirsi ‘diverso’.

Per consentire agli adolescenti con autismo di acquisire competenze e fare progressi, ha sottolineato Rosaria Ferrara, e’ inoltre molto importante “creare un’alleanza con i genitori, tenendo conto delle difficolta’ di accettazione dell’autismo dei figli adolescenti, quando ormai le atipicita’ sono molto evidenti e si entra in contatto anche con le loro possibilita’ di vita future”.

Proseguendo nel suggerire metodi e strategie per interessare i ragazzi con autismo all’apprendimento, la psicologa ha suggerito di non costringerli a fare esercizi di scrittura o di matematica, ma di usare “trappole ed esche” che aggirino l’ostacolo e li portino a scrivere o contare concentrandosi su argomenti di loro interesse. Proprio su questo principio, ha raccontato la presidente dell’Osservatorio, sono nati gli atelier Oisma dedicati al Giappone e alla cucina. “Il motto con questi ragazzi- ha suggerito in conclusione- deve essere ‘se non imparo nel modo in cui mi insegni, insegnami nel modo in cui imparo'”.

Giovanna Manna

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